Salute 29 Settembre 2023 13:24

Bullismo e disabilità, gli studenti: «Punire è giusto, ma inutile. Serve comunicare»

Accorciare la distanza tra studenti e insegnanti è la carta vincente. È questo il parere dei giovani che hanno partecipato ad un’indagine condotta dal progetto nazionale “Inclusi. Dalla scuola alla vita, andata e ritorno” in diverse scuole italiane sulla relazione bullismo-disabilità

Bullismo e disabilità, gli studenti: «Punire è giusto, ma inutile. Serve comunicare»

«Punire chi sbaglia è giusto, ma è del tutto inutile se sbagliando non s’impara». È in questa frase che potrebbe essere sintetizzato il pensiero degli studenti chiamati ad esprimersi sul fenomeno del bullismo nelle scuole, in particolare sugli episodi che coinvolgono persone con disabilità. L’indagine esplorativa è stata condotta da “Inclusi. Dalla scuola alla vita, andata e ritorno”, progetto triennale selezionato da “Con i Bambini” nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, che coinvolge organizzazioni del Terzo settore in tutta Italia nel promuovere una scuola e un territorio equi e accessibili a tutti.

Di bullismo e disabilità non si parla

«Dalle parole dei giovani intervistati è emersa l’esigenza di relazionarsi meglio e più assiduamente con gli adulti di riferimenti che, in questo contesto, sono gli insegnanti», spiega Giovanni Merlo, direttore di Ledha (Lega per i diritti delle persone con disabilità) che fa parte del progetto Inclusi, in un’intervista a Sanità Informazione. L’indagine è stata avviata per colmare un’evidente lacuna: «Se di bullismo si parla sempre più spesso negli ultimi anni, tanto che sono numerosissimi gli studi in materia, resta del tutto inesplorata la relazione tra bullismo e disabilità, rapporto che può vedere la persona con disabilità rivestire entrambi i ruoli, sia quello di vittima, che di artefice, soprattutto quando la disabilità è di tipo cognitivo», aggiunge Merlo.

Bullismo: i dati Istat

Secondo gli ultimi dati Istat diffusi sull’argomento metà degli studenti tra gli 11 e i 17 anni è stata vittima di bullismo da parte dei propri coetanei con offese verbali, derisione per l’aspetto fisico o il modo di parlare, esclusione dal gruppo a causa del proprio credo o delle proprie opinioni, fino alla violenza fisica. Il fenomeno si inasprisce quando si entra nell’ambito del cyberbullismo, che nasce da una dinamica di gruppo, dove i soggetti coinvolti si sostengono reciprocamente e gli attori principali non sono solo il “bullo” e la “vittima”, ma l’intero gruppo classe, insegnanti inclusi. «Nelle statistiche ufficiali i bambini e i ragazzi con disabilità sono “invisibili”, eppure qualsiasi condizione di disabilità espone lo studente a un maggior rischio di essere vittima del bullismo, in particolare in quei contesti di classe in cui non si creano le condizioni per comprenderla – commenta il direttore Merlo -.  Chi compie atti di bullismo verso le persone con disabilità risponde in genere alla necessità di “proiettare” sull’altro, e quindi allontanare».

Come si è svolta l’indagine

Le organizzazioni partner del progetto “Inclusi”, per condurre l’indagine su bullismo e disabilità, hanno coinvolto 612 studenti di 10 scuole, tra secondarie di primo grado e corsi di formazione professionale, e un centro di aggregazione giovanile, in otto città (variando tra grandi e piccoli centri urbani) di quattro regioni italiane (Lombardia, Marche, Lazio e Campania). Le attività proposte si basano su strumenti formativi che hanno messo i ragazzi nella condizione di gioco per esprimere le loro capacità empatiche, gli orientamenti valoriali e il grado di consapevolezza delle azioni. Alcuni esempi di queste attività educative sono: il circle time (gruppo di discussione in cerchio dove ognuno può esprimere la sua opinione), il role playing (interpretazione di ruoli), le drammatizzazioni e, non ultimo, un questionario a cui i ragazzi hanno risposto mettendosi di fronte a situazioni verosimili di bullismo, elaborate a partire da casi reali, nei confronti di ragazzi con disabilità.

I risultati

Dall’insieme delle attività emerge con chiarezza il punto di vista dei ragazzi: «Credono che gli insegnanti possano fare la differenza e chiedono loro di intervenire non con un atteggiamento punitivo ma impegnandosi in una vera educazione alla diversità e di superare lo stereotipo del “bullo cattivo” e della “vittima indifesa” –  sottolinea il direttore di Ledha-. La richiesta che viene posta agli adulti è quella certamente di esserci, di essere coerenti e affidabili, di essere i primi a credere che il bullismo, anche quando coinvolge i ragazzi con disabilità, non sia un fenomeno ineluttabile e quasi “naturale”. Un fenomeno che si può prevenire, contrastare e risolvere: più con le riflessioni che – dice Merlo, sintetizzando le risposte dei ragazzi – con le punizioni. Lavorando per avvicinare, anziché separare».

Progetti futuri

In altre parole, i ragazzi da un lato si rendono conto che troppo spesso sottovalutano il problema e dall’altro cercano negli insegnanti una soluzione, riconoscendo in loro il ruolo di educatori necessari nella prevenzione e nel contrasto del bullismo in classe, usando gli strumenti del dialogo e della condivisione, al posto delle punizioni. «Alla fine del progetto realizzeremo una campagna di comunicazione rivolta agli insegnanti, affinché possano conoscere il parere degli studenti e – conclude il direttore di Ledha – farne tesoro».

 

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