Il punto ad una settimana dalla prima inoculazione del vaccino anti-Covid in Italia. Per Villani (CTS) si sta andando nella direzione giusta ma Galli, Palermo (Anaao) e Onotri (SMI) sollevano criticità
Sono quasi 120mila le persone vaccinate in Italia contro il SARS-CoV-2. Per l’esattezza, secondo l’ultimo aggiornamento del portale del Commissario straordinario per l’emergenza Covid, al 5 gennaio 2021 sono 182.442 le dosi già somministrate (le donne vaccinate sono 110.192 mentre gli uomini sono 72.250). Le vaccinazioni hanno riguardato finora le categorie degli operatori sanitari sociosanitari (161.342), il personale non sanitario (11.278) e gli ospiti di strutture residenziali (9.822).
Tra le regioni più virtuose troviamo il Lazio (con 29.217 vaccinazioni effettuate, più la metà di quelle consegnate), il Veneto (con 21.626 dosi somministrate), la Sicilia (19.064) e il Piemonte (17.795).
Questi dati sono, per Alberto Villani (Presidente della Società Italiana di Pediatria e componente del Comitato tecnico scientifico, che ha analizzato l’ultimo aggiornamento del report vaccini ad “Agorà”) la prova che stiamo andando nella direzione giusta: «L’Italia è tra i primi Paesi Ue per vaccinazioni anti-Covid. Il modello italiano sta funzionando bene e sono fiducioso che le cose andranno ancora meglio tra qualche settimana».
Di tutt’altro parere è il direttore del reparto di Malattie infettive dell’Ospedale Sacco di Milano, Massimo Galli, che in un’intervista al Messaggero non nasconde la preoccupazione per «la situazione che stiamo vivendo. Con tutta la possibile chiarezza nell’illustrare vantaggi e necessità della profilassi, credo che sarà comunque molto difficile condurre la campagna vaccinale se non si tiene conto che in tutta Italia il personale sanitario è duramente provato e difficilmente può farsi carico di altro lavoro straordinario, particolarmente in Lombardia. Credo si debba essere realisti: medici da assumere e infermieri liberi da impegni da reclutare ne abbiamo pochissimi, e quei pochi scarsamente interessati ad attività di carattere temporaneo come questo piano di profilassi».
Secondo Galli il problema si potrebbe risolvere richiamando in servizio «medici e infermieri che sono andati in pensione negli ultimi quattro anni e che siano volontariamente disponibili a farsi carico di parte del lavoro e aggiunto alla campagna vaccinale», prevedendo ovviamente «i dovuti riconoscimenti e le garanzie assicurative del personale operativo a tutti gli effetti». Galli poi ritiene «comprensibile» il fatto che «nel periodo festivo parte del personale si sia preso qualche momento di pace», come sostenuto dall’Assessore alla sanità lombarda Giulio Gallera, che ha giustificato così l’andamento lento della Lombardia in tema di vaccini effettuati.
Tra le Regioni più virtuose, come detto, c’è il Lazio. E l’assessore alla Sanità della Regione, Alessio D’Amato, sulla Stampa ha risposto indirettamente a Gallera sostenendo che «nel Lazio le ferie dei medici non costituiscono un problema» in quanto «da noi si lavora 24 ore al giorno, 365 giorni all’anno. È così ormai dal 29 gennaio scorso, quando ricoverammo i primi pazienti in Italia, la coppia di cinesi in vacanza nel nostro Paese».
Ma se nel Lazio le cose sembrano andar bene, in questi giorni sono emerse alcune criticità, come sottolinea Pina Onotri, Segretario Generale del Sindacato Medici Italiani: «Ci giungono notizie che in Italia, in diverse regioni, si fa fatica a somministrare a causa della carenza di personale sanitario. In vari territori emergono problemi organizzativi per le vaccinazioni», mentre «in alcune regioni medici sono costretti a somministrare le dosi anche fuori dall’orario di lavoro».
Per questo, il Segretario SMI propone di «affidare la campagna vaccinale anti-Covid ai medici precari del Sistema Sanitario Nazionale o ai medici di medicina generale che, compatibilmente con la propria attività ordinaria, danno la propria disponibilità e tra questi sicuramente i medici di continuità assistenziale, i medici dei servizi a completamento orario o ai medici di assistenza primaria compatibili. Questo servirebbe ad aumentare, in tutto il Paese, le possibilità di vaccinarsi, in tempi rapidi, contro il coronavirus».
«Un grossolano errore è stato quello di affidare il reclutamento del personale ad Agenzie di somministrazione lavoro, un inutile e costoso ulteriore ostacolo burocratico tra Governo e Regioni. Con i 25 milioni spesi si potevano pagare gli specializzandi, allargando la platea dei possibili vaccinatori». Così, su Facebook, Carlo Palermo, segretario nazionale Anaao (il principale sindacato dei medici ospedalieri): «La campagna vaccinale stenta a decollare in alcune aree del nostro Paese – afferma Palermo -. Si chiama ‘federalismo vaccinale’, alcune regioni fanno bene, altre vanno male: dipende in genere dallo stato dei loro Dipartimenti di igiene e prevenzione, alcuni sono in coma per i tagli di personale degli ultimi 10 anni. Comunque, consideriamo che le dosi settimanali a noi destinate (470 mila) sono state consegnate dalla Pfizer a Capodanno e che siamo in un periodo di ferie per cui il personale almeno nei servizi territoriali è ridotto». Per il medico, «il problema vero è che con le attuali dosi settimanali impiegheremmo anni per vaccinare quel 70% della popolazione necessario per ottenere la cosiddetta immunità di gregge, ammesso che i vaccini la conferiscano».
«Personale in ferie in Lombardia? Infermieri e medici sono pronti a velocizzare la campagna vaccinale, come lo sono sempre stati in questi undici mesi di emergenza, ma sono troppo pochi e occorrono nuove assunzioni. Respingiamo al mittente la responsabilità della lentezza nella somministrazione del vaccino anti Covid: se una regione è disorganizzata, non passi nè ora nè mai questo attacco ai danni di chi si sta adoperando allo stremo delle forze per fronteggiare la pandemia, peraltro non vedendosi corrisposto alcun incentivo. Non dimentichiamo che infermieri e medici si stanno ancora ammalando in tutta Italia, e alcuni muoiono. Così Giuseppe Carbone, segretario generale nazionale della Fials, commenta la campagna vaccinale che procede a rilento in tutta Italia.
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