La dottoressa a Sanità Informazione: «In questi casi l’attività sportiva diventa essa stessa una terapia». Poi sottolinea la loro straordinaria capacità di recupero: «Atleti sono androidi, recuperano in fretta»
Si può essere campioni anche con una malattia importante. Lo hanno raccontato a Sanità Informazione tanti beniamini dello sport, tra cui il pallavolista Bas Van de Goor, colpito da diabete di tipo uno, e il nuotatore Simone Sabbioni, affetto da colite ulcerosa. Forza di volontà, spirito di sacrificio e terapie innovative sono gli ingredienti di un miracolo che si ripete sempre più spesso e che vede alla base il lavoro di staff medici sempre più preparati e pronti a rimettere in sesto ‘macchine perfette’ come il fisico dei nostri atleti. Ne abbiamo parlato con uno dei medici della Nazionale italiana di nuoto, Tiziana Balducci: «Spesso l’attività sportiva diventa essa stessa una terapia», spiega la dottoressa che sottolinea: «Il nostro compito è evitare fondamentalmente l’infiammazione in qualsiasi manifestazione si possa presentare».
Dottoressa Balducci, lei è uno dei medici della Nazionale italiana di nuoto. Si può essere campioni e avere malattie così importanti come ad esempio le malattie infiammatorie croniche intestinali?
«Certamente sì. Le terapie innovative consentono ai campioni di continuare la loro attività e consentono a chiunque di affrontare un’attività sportiva che diventa essa stessa una terapia. Anche nel loro caso è soprattutto importante perché rivaluta la persona in quanto entità: mente e corpo».
Non ci sono limiti in realtà per il corpo umano?
«Chi ha una patologia come questa riesce ad affrontare la sua attività serenamente proprio grazie a terapie innovative».
Lei è il medico, tra gli altri, di Federica Pellegrini e di altri campioni. Un grande campione è sottoposto a controlli continui, qual è il ruolo del medico per loro?
«Io lavoro al centro federale di Verona. Il medico federale della nazionale è il dottor Lorenzo Marugo, insieme gestiamo tutte le varie eventualità che normalmente chiamiamo ‘prevenzione’ nelle persone normali. Vengono effettuati esami del sangue, controlli preventivi e ovviamente un’attenzione particolare all’alimentazione, alla vita di tutti i giorni e ad evitare fondamentalmente l’infiammazione in qualsiasi manifestazione si possa presentare».
Le è mai capitato che prima di una gara ci fosse bisogno di un consulto medico urgente?
«Succede qualche volta che ci sia un trauma proprio appena prima delle gare, un trauma importante dovuto al fatto che spesso gli atleti come i nuotatori hanno poca dimestichezza con le attività a secco. Per cui è successo più di una volta durante un’attività ricreativa ci sia stato un trauma che ci è toccato affrontare in poco tempo. Tenga conto che loro sono quasi degli androidi, recuperano in fretta ed è impressionante vedere come il trauma in due o tre giorni venga recuperato».
A volte siete sorpresi anche voi medici dai tempi di recupero?
«Assolutamente sì».