Riguardano il carcinoma mammario HER-2 positivo le novità più dirompenti presentate al simposio texano. La classifica degli abstract più interessanti secondo Lucia Del Mastro (Università di Genova), PierFranco Conte (Università di Padova) e Michelino De Laurentiis (Fondazione Pascale di Napoli)
Sono 1900 gli abstract che quest’anno sono stati inviati al San Antonio Breast Cancer Symposium. Ricerche promettenti, studi sofisticati, farmaci dai nomi strani e difficili da pronunciare ma destinati a migliorare in modo significativo la vita delle pazienti con cancro al seno. Ma abbiamo chiesto ad alcuni esperti di prim’ordine la loro personale top three dei risultati presentati nel corso del congresso texano. Unanime il responso: per l’edizione 2019 del SABCS sono le ricerche sul carcinoma mammario HER-2 positivo a meritare il podio.
«Sono stati presentati tre studi importanti dedicati a questa categoria di tumore al seno – spiega la professoressa Lucia Del Mastro, docente di Oncologia presso l’Università degli Studi di Genova e coordinatrice del Centro di Senologia dell’Ospedale Policlinico San Martino -. Il primo dimostra l’attività del Tucatinib in pazienti già trattate con farmaci anti-HER2 di comune impiego e, in particolare, con metastasi cerebrale. Si tratta di uno studio che apre prospettive terapeutiche molto importanti per queste pazienti».
Uno studio che ha colpito in modo particolare anche PierFranco Conte, professore di Oncologia presso l’università di Padova e direttore della struttura Oncologia 2 dell’Istituto Oncologico Veneto: «È uno studio randomizzato che ha confrontato l’aggiunta del Tucatinib, che blocca la parte intracellulare del recettore per HER-2, ad una terapia standard di terza linea. I risultati mostrano un prolungamento della sopravvivenza libera da progressione e, ancor più interessante, della sopravvivenza globale».
Della stessa opinione anche Michelino De Laurentiis, direttore del Dipartimento di Oncologia Senologica e Toracica dell’Istituto Nazionale Tumori IRCCS “Fondazione G. Pascale” di Napoli: «Questa piccola molecola orale, aggiunta a trattamenti tradizionali, è in grado di migliorare notevolmente tutti i parametri clinici delle pazienti con carcinoma mammario HER-2 positivo altamente pre-trattate, di ritardare la progressione della malattia e di migliorare la sopravvivenza. Si tratta di dati veramente inattesi per una popolazione di pazienti così resistente ai trattamenti già disponibili».
LEGGI ANCHE: CANCRO AL SENO, DAL TEXAS NUOVE SPERANZE PER PAZIENTI CON TUMORE METASTATICO HER2 POSITIVO
Il secondo studio da segnalare è il Destiny-Breast01: «Il farmaco Trastuzumab Deruxtecan ha determinato, in pazienti con malattia metastatica HER-2 positiva che avevano ricevuto una mediana di 6 linee di trattamento precedenti, un 60% di risposta obiettiva ed una progression free survival superiore ad un anno. È un risultato clinico mai osservato in un sottogruppo di pazienti così pesantemente pretrattate», spiega la professoressa Del Mastro.
«Si tratta di un anticorpo attaccato ad un farmaco chemioterapico – aggiunge il professor Conte -. Ogni anticorpo quindi blocca il recettore HER2 e consegna, come un messaggero di morte, otto molecole di chemioterapico alla cellula che ha il recettore per HER-2. Anche in questo caso, lo studio a mio avviso avrà un impatto sulla pratica clinica molto importante».
«È un farmaco che promette tantissimo – continua il professor De Laurentiis – perché altamente attivo e ben tollerato anche in pazienti resistenti ai precedenti trattamenti. Guardiamo quindi con molto interesse agli studi confermatori della serie Destiny. Questo farmaco promette di contribuire a migliore notevolmente la storia clinica di questo tumore altamente aggressivo e resistente».
Altri dati da evidenziare, l’aggiornamento dello studio Aphinity, che riguarda sempre il setting HER2-positivo ma in fase precoce: «È stata valutata l’aggiunta del Pertuzumab al Trastuzumab in fase adiuvante – spiega la professoressa Del Mastro -. È stato dimostrato che questo farmaco, nelle pazienti con linfonodi positivi, è in grado di determinare un beneficio assoluto in termini di sopravvivenza libera da malattia di circa il 5%. Anche in questo caso, quindi, è possibile che si abbia una modifica del trattamento nelle pazienti ad alto rischio».
«I risultati di questo studio – precisa il professor Conte – sono già stati presentati un paio di anni fa ed erano stati abbastanza deludenti: l’aggiunta del Pertuzumab aveva prodotto un risultato molto modesto nel ridurre il rischio di ripresa della malattia. Tant’è che il farmaco non è stato approvato e rimborsato dai servizi sanitari di molti Paesi. Con l’aggiornamento su oltre 6 anni di follow up, abbiamo informazioni aggiuntive che definiscono il vantaggio abbastanza evidente di questo farmaco per le pazienti a più alto rischio di ripresa della malattia. Inoltre, la tollerabilità del trattamento anche a lungo termine è molto buona e non ci sono problemi aggiuntivi di tossicità cardiaca».
Per il tumore HER-2, quindi, ci sono tante novità. Ma «le prospettive sono molto interessanti per tutti i sottogruppi di tumore alla mammella», sottolinea De Laurentiis: «Si sta aprendo un vero e proprio orizzonte di nuovi farmaci. Non tutti manterranno le promesse, ma considerato che sono veramente tanti in corso di sviluppo, mi aspetto grandi novità, sin dal prossimo anno, per tutti i sottotipi tumorali».
E in questo scenario, l’Italia si difende bene: «Il nostro Paese – continua De Laurentiis – sta giocando un ruolo di prim’ordine nel settore del cancro della mammella. Vorrei citare, a titolo di esempio, lo studio interamente italiano BioItaLEE, il più importante su biomarcatori nelle pazienti trattate con Ridociclib».