Il cancro del colon retto non è una malattia solo della terza età. A dimostrarlo, aldilà di ogni credenza comune, sono i dati: le neoplasie all’intestino sono sempre più diffuse anche tra i giovani a livello globale. Ma la domanda che sorge spontanea è: “A cosa è dovuto questo cambio di rotta?”. A rispondere è stato un team di ricercatori e medici di Ifom e dell’Oncologia Falck dell’Ospedale Niguarda e dell’Università di Torino, attraverso uno studio pubblicato su ‘Cell’. A spingere gli scienziati ad indagare più a fondo è stata anche un’analisi che ha confermato l’aumento dell’incidenza dei tumori al colon tra gli under 50 nell’Area Metropolitana di Milano. “Le differenze molecolari tra i tumori del colon-retto a insorgenza precoce e quelli in età avanzata sono ancora oggi poco definite. Per identificarle, è in corso un importante studio italiano che mira a caratterizzare queste neoplasie con un approccio multi-omico, che si basa sull’integrazione di diversi livelli di analisi molecolare, dalla genomica alla metabolomica, per raggiungere una visione più completa dei meccanismi biologici alla base della malattia. L’obiettivo di questo progetto di ricerca pionieristico, che vede quotidianamente impegnati ricercatori clinici, computazionali e traslazionali, è di sviluppare in futuro approcci diagnostici e terapeutici innovativi”, si legge nello studio.
“Questo articolo scientifico –spiega Alberto Bardelli, tra gli autori capofila dello studio – apre una prospettiva nuova, suggerendo come i tumori del colon-retto in individui giovani potrebbero crescere più velocemente rispetto a quelli insorti in soggetti di età avanzata”. Grazie all’intreccio di competenze multidisciplinari, questa nuova teoria potrebbe spiegare perché, nonostante non siano state ancora identificate caratteristiche molecolari specifiche, i tumori del colon-retto nel giovane adulto sembrino avere una maggiore aggressività biologica. “Pur seguendo la stessa ‘strada genomica’ della maggior parte dei tumori del colon-retto – spiega Bardelli – potrebbero infatti crescere più rapidamente. Diventa quindi prioritario comprendere se i tumori in età precoce seguano il modello classico di sviluppo lento (5-10 anni) descritto da Vogelstein (sul ‘Nejm’ nel 1988) o se presentino caratteristiche biologiche uniche che ne giustifichino una crescita accelerata”. Un’importante considerazione riguarda la possibilità di anticipare l’indicazione allo screening del tumore del colon-retto nei più giovani.
“Infatti – commenta Salvatore Siena, docente di oncologia medica alla Statale di Milano – sebbene gli screening abbiano migliorato la diagnosi precoce negli adulti sopra i 50 anni, i giovani adulti restano esclusi dai programmi di prevenzione”. Per affrontare tale problematica, una prima proposta giunta dagli Stati Uniti d’America è stata quella di anticipare le procedure di screening sempre più precocemente. “Tuttavia – prosegue Siena – secondo la nostra ipotesi la crescita dei tumori del colon-retto ad insorgenza giovanile, o almeno di una parte di essi, potrebbe essere troppo rapida per essere intercettata dai normali programmi di prevenzione, seppur anticipati. In quest’ottica emerge con particolare importanza l’esigenza di sviluppare approcci specifici per i tumori del colon-retto ad insorgenza precoce”.
La cordata dei ricercatori di Ifom e Niguarda ha quindi ipotizzato che stimare l’età del cancro utilizzando i dati genomici dei tumori possa chiarire se sia utile intervenire con screening precoci, come test frequenti sul sangue (biopsia liquida), o se siano necessari nuovi approcci. “Se confermata sperimentalmente – conclude Bardelli – questa ipotesi potrebbe rappresentare una chiave di volta per identificare nuove strategie di diagnosi precoce per i tumori del colon-retto giovanile. La diagnosi precoce e la disponibilità di screening rimangono fondamentali per migliorare la prognosi e le opzioni di cura per queste patologie”.
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