Caterina La Porta (Statale): «La molecola E-caderina ha un ruolo fondamentale nell’adesione delle cellule tumorali. Ora si cerca un farmaco per renderle meno aggressive»
Una barriera anti-metastasi capace di separare le cellule tumorali che migrano nell’organismo per colonizzare altri organi. La sfida lanciata da un gruppo di ricercatori europei, tra cui un team dell’Università Statale di Milano, è riuscire ad individuare il farmaco in grado di spegnere il fattore meccanico che induce le cellule tumorali ad aggregarsi e spostarsi nell’organismo, come ci spiega la dottoressa Caterina La Porta, docente di Patologia generale presso il dipartimento di scienze e politiche ambientali dell’Università Statale.
«Il punto fondamentale su cui abbiamo incentrato la nostra attenzione con i colleghi olandesi e tedeschi è capire il meccanismo attraverso cui le cellule si mettono insieme per cooperare in modo collettivo, o viceversa agire in modo singolo. Siamo partiti da metastasi generate da un tumore primario alla mammella, ma presupponiamo che il principio sia lo stesso per altri organi, anche se sappiamo che il cancro al seno ha tessuti specifici su cui va ad innescare metastasi», racconta la dottoressa La Porta del Center for Complexity and Biosystems (Cc&b) dell’ateneo milanese che ha realizzato lo studio pubblicato su Nature Cell Biology.
«La svolta è stata la scoperta di una molecola E-caderina che svolge un ruolo fondamentale come molecola di adesione – analizza la ricercatrice impegnata con i colleghi dell’Università di Radboud di Nijmagen in Olanda e dell’università di Lipsia e Dresda in Germania -, e aiuta le cellule a muoversi tutte insieme. Allora ecco che se riuscissimo a modificare l’espressione di questa molecola e di tutta una serie di altri elementi correlati, le cellule tenderebbero a disgregarsi, diventando singole e quindi meno efficienti nel dare metastasi. Il passaggio successivo sarà trovare delle molecole in grado di alterare il livello di espressione di queste molecole di adesione e quindi di tutto ciò che può modificare questa caratteristica delle cellule di stare insieme e di aggregarsi».
«Una squadra multidisciplinare con biologi, fisici, matematici – tiene a sottolineare la ricercatrice della Statale – rappresenta un valore aggiunto in studi più corposi, perché ognuno porta con sé un bagaglio di esperienze da trasferire al gruppo in grado di aiutare la ricerca».
Il lavoro ha combinato esperimenti in vitro, in 3D e sui topi con l’ausilio di immagini e modelli computerizzati. Il risultato ottenuto grazie a fondi europei è stato individuare la molecola di adesione, ma anche riuscire, modificando il microambiente che circonda le cellule, ad indurre un cambiamento nella modalità di migrazione delle stesse.
«Il nostro obiettivo è cercare una strategia farmacologica per andare in fondo al problema delle metastasi. Abbiamo in atto una serie di collaborazioni italiane e internazionali che ci porteranno nei prossimi mesi a comprendere più a fondo quali sono i meccanismi da colpire per cercare in qualche modo di renderle meno aggressive e quindi quasi quiescenti, stazionarie, identificandole più precocemente possibile, per poterci convivere, perché è difficile eradicarle», conclude la dottoressa.
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