Aumenta il numero di giovani e giovanissimi che fanno uso di cannabis con effetti sulla salute mentale. Per contrastare questo fenomeno l’Omceo di Roma ha creato un Gruppo di lavoro dedicato alla prevenzione, valutazione e divulgazione delle conseguenze della cannabis
«L’errata percezione che la cannabis sia una droga ‘leggera’ e ‘innocua’ continua a spingere sempre più giovani e giovanissimi a farne uso. Gli effetti di questo fenomeno, sempre più simile a una vera e propria pandemia, sono potenzialmente devastanti». È con queste parole che Stefano De Lillo, vice presidente dell’Ordine dei medici di Roma, spiega i presupposti che hanno spinto l’Omceo a mettere in piedi un Gruppo di lavoro scientifico dedicato alla prevenzione, alla valutazione e alla divulgazione delle conseguenze dell’uso della cannabis sulla salute mentale dei giovani.
Che i dati sul consumo di cannabis siano piuttosto allarmanti è evidente dalle ultime stime diffuse dall’European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction (EMCDDA). Nel 2020, infatti, si calcola che il 27,2% della popolazione abbia fatto uso di cannabis almeno una volta nella vita e che il 15,4% di chi ha tra i 15 e i 34 anni (circa 1,85 milioni di italiani) ne abbia fatto uso nell’arco dell’ultimo anno. In questo contesto l’Italia detiene il primato, insieme alla Francia, di casi di ragazzi che hanno fumato cannabis per la prima volta a 13 anni, o anche prima. Si tratta di circa 66mila giovani, il 4,4% della popolazione italiana in questa fascia d’età.
«Spesso in Italia l’età media di inizio assunzione si colloca nella fascia di età della scuola media, cioè tra gli 11 ed i 14 anni», riferisce Antonio Bolognese, professore onorario di Chirurgia generale del Policlinico Umberto I, La Sapienza Università di Roma. «E’ una situazione preoccupante – continua- se consideriamo che il consumo di cannabis si collega a disturbi psicotici di tipo schizofrenico. Nella grande maggioranza dei casi l’assunzione precede l’esordio dei sintomi psicopatologici». Precisa De Lillo: «I dati della letteratura mostrano come il 10% dei consumatori abituali di cannabis sviluppino un disturbo schizofrenico, quindi una psicosi reale e il 30% sviluppi una sindrome demotivazionale che è caratterizzata da abulia, perdita degli interessi scolastici, amicali, affettivi, sportivi, irritabilità e violenza».
Da qui la necessità di portare il problema all’attenzione dei medici e dei pediatri che spesso si trovano di fronte a dei quadri clinici di difficile interpretazione. L’obiettivo del Gruppo di lavoro è poi quello di promuovere un’azione di informazione e divulgazione presso le famiglie, le scuole, i centri di aggregazione, gli oratori e le palestre. «È necessario contrastare credenze sbagliate come quella che la cannabis possa avere un effetto stimolante nello sport», spiega De Lillo. «Questa droga, infatti, oltre a essere una sostanza dopante ha al contrario un effetto negativo nella prestazione sportiva ed è importante dirlo e farlo capire», aggiunge.
L’attività del Gruppo di lavoro scientifico promosso dall’Omceo vuole pertanto diffondere informazioni di carattere medico e scientifico «che siano chiare e incontrovertibili – spiega De Lillo -, rendendo questi dati accessibili a tutti». Non solo. Per parlare direttamente ai ragazzi in un linguaggio che sia per loro comprensibile e d’impatto, l’attività del Gruppo di lavoro Omceo «punterà anche a coinvolgere testimonial o influencer giovani, sia per portare avanti un’educazione tra pari – conclude De Lillo – sia per raccontare direttamente storie che diano ai ragazzi messaggi positivi attraverso le parole dei propri coetanei».
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