Secondo un sondaggio SWG gli italiani sono poco informati sull’argomento ma disponibili ad aprire ad enti e aziende la possibilità di produrre cannabis terapeutica
Poco informati, ma assolutamente disponibili ad aprire ad enti locali e aziende private la possibilità di produrre cannabis terapeutica, divisi praticamente a metà sulla possibilità di autocoltivazione della stessa per uso personale. E’ questa, in estrema sintesi, la fotografia scattata dal sondaggio di Swg per BeLeaf/PQE Group sulla cannabis medica in Italia.
Secondo i risultati della ricerca, solo il 29 per cento dei cittadini si dice pienamente a conoscenza del fatto che in Italia curare determinate malattie con la cannabis sia assolutamente legale e che sia possibile acquistarla anche in farmacia, dietro prescrizione medica. Il 54 per cento si dice solo vagamente informato, mentre il 17 per cento sostiene di non saperne assolutamente nulla. Una discrepanza che aumenta in base all’età e ai titoli di studio, con i più giovani e i laureati che si mostrano più aggiornati sulla materia.
Nonostante questa lacuna informativa, il 78 per cento degli italiani (quasi quattro cittadini su cinque) si dice d’accordo ad allargare la produzione di cannabis ad uso medico, al momento limitata all’istituto farmaceutico militare di Firenze e del tutto insufficiente a soddisfare il fabbisogno nazionale, costringendo l’Italia ad importazioni dall’estero a prezzi più alti di quelli di produzione.
Alla domanda relativa alla possibilità di allargare la produzione ad enti locali e aziende private, il 38 per cento di italiani si dice del tutto d’accordo, il 40 per cento più d’accordo che in disaccordo. Il restante 22 per cento si dice in disaccordo (solo il 7 per cento strenuamente contrario). Anche in questo caso il profilo giovane/laureato è quello più fortemente convinto.
Infine l’opinione pubblica italiana si divide esattamente a metà riguardo l’ipotesi di aprire alla coltivazione domestica per i soggetti che necessitano di cannabis medica. Con un margine d’errore del 3,4 per cento, infatti, abbiamo un 49 per cento di cittadini che si dice tendenzialmente favorevole e un 51 per cento che invece è tendenzialmente in disaccordo.
Secondo Stefano Minnucci, direttore editoriale di BeLeaf Magazine – la rivista di settore che ha commissionato il sondaggio – emergono tre aspetti fondamentali: «Il primo è la grande lacuna dal punto di vista informativo, da colmare assolutamente nel più breve tempo possibile. Il secondo la criticità della produzione in Italia: non si comprende il motivo per cui lo Stato continui a lasciare i propri cittadini in emergenza farmaco quando potrebbe allargare la produzione anche ad aziende private. E siccome è una questione semplicemente di buon senso, gli italiani l’hanno capito molto bene. La terza questione riguarda l’autoproduzione: mi sembra degno di nota – conclude – che la metà della popolazione si dica d’accordo nonostante la carenza informativa. Se ci fosse più informazione, probabilmente la percentuale sarebbe maggiore».
Quando si parla di cannabis medica in Italia, ci si riferisce ad un settore in grande crescita ma ancora tutto da esplorare. «Una chiara definizione e una maggiore armonizzazione dei requisiti sia a livello europeo che a livello mondiale – spiega Davide Buratti, GxP Compliance Operations Director & Partner di PQE Group, l’azienda leader nel settore qualità che ha finanziato la ricerca – garantirebbe sicuramente quell’accelerazione alla diffusione della cannabis medica, che sarebbe di estremo beneficio non solo per soddisfare le necessità di un numero sempre maggiore di pazienti, ma anche per stimolare fortemente la crescita del settore produttivo farmaceutico e del relativo indotto. Secondo stime della Coldiretti, una ben definita regolamentazione della produzione e commercializzazione della cannabis medica in Italia garantirebbe un reddito annuo di 1,5 miliardi di euro e l’aumento di 10.000 posti di lavoro».
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