La Corte Costituzionae ha dichiarato inammissibile il referendum per depenalizzare la coltivazione della cannabis a uso personale. Sabrina Molinaro del Cnr esprime i suoi dubbi sugli effetti di norme più liberali sui consumatori abituali
La Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile il referendum che avrebbe depenalizzato la coltivazione della cannabis per uso personale. Un’occasione persa per modificare le abitudini di consumo? Non come si spererebbe. Almeno per Sabrina Molinaro dell’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ifc), coordinatrice di un progetto Europeo finalizzato al monitoraggio dei comportamenti a rischio della popolazione giovanile. «Il numero di giovani consumatori abituali di cannabis, quelli che dichiarano di fare un uso della sostanza su base giornaliera, non sembra essere influenzato dai cambiamenti normativi sulle pene associate al possesso di sostanze stupefacenti», spiega.
Per rendersene conto basterebbe dare un’occhiata ad alcuni dei dati dello studio ESPAD (European School Survey Project on Alcohol and other Drugs) coordinato dal gruppo di ricerca di Molinaro. Nel report, pubblicato sull’International Journal of Environmental Research and Public Health, gli scienziati hanno valutato i dati raccolti in 20 paesi europei, confrontando le variazioni nelle abitudini di consumo in relazione all’adozione di diverse normative più o meno restrittive in materia di cannabis. «Secondo quanto emerge dal nostro lavoro – riporta Molinaro – circa il 25 per cento dei ragazzi può essere considerato un consumatore occasionale, che ha fatto uso della sostanza almeno una volta nell’arco dei 12 mesi precedenti. I ragazzi che dichiarano di fumare circa una volta al giorno sono circa il 2-5 per cento del campione e il nostro studio suggerisce che in questi casi l’adozione di normative più o meno stringenti non influisce sull’abitudine di consumo».
L’adozione di normative meno permissive, tuttavia, sembra scoraggiare i consumatori occasionali. «Questi dati sono in accordo con una semplice legge di mercato: una diffusione maggiore rende più semplice anche inciampare nella sostanza, specialmente per i ragazzi che sanno che non correrebbero particolari rischi se venissero scoperti nell’atto di fare uso di queste sostanze», spiega Molinaro. «Il rischio di ripercussioni sembra invece in grado di ridurre le esperienze d’uso, il che, in linea di principio, potrebbe contribuire a una minore diffusione delle sostanze illegali», aggiunge. L’indagine scientifica, che ha raccolto dati provenienti da diverse realtà europee, indica che le riforme più liberali possono favorire l’aumento degli utilizzatori occasionali.
«Nella nostra relazione – conclude Molinaro – abbiamo evidenziato che una possibile strategia di intervento riguarda l’adozione di strategie mirate a sensibilizzare i giovani sui possibili rischi derivanti dall’uso frequente di sostanze stupefacenti. Il referendum bocciato dalla Consulta si lega collateralmente a questa riflessione, perché il documento aveva in oggetto la depenalizzazione dell’atto di coltivazione di marijuana ad uso personale. La direzione di questa riforma sembra orientata verso una maggiore normalizzazione dell’uso di sostanze, ma, indipendentemente dalla mia opinione personale sulle decisioni a riguardo, credo che sia importante valutare i dati. Il nostro lavoro, che si concentra sulla popolazione dei giovanissimi, potrebbe essere considerato dalle autorità decisionali per valutare le possibili conseguenze legate al consumo di droghe in caso di riforme normative».
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