Lo studio: i problemi alle valvole cardiache diventano sempre più frequenti e seri al crescere dell’età. Se tra i 60 e i 65 anni solo l’1,5% ha un problema che richiede l’attenzione medica, la percentuale sale al 2,1% appena si superano i 70 anni ed è oltre il 10% dopo gli 85 anni
Anche se il più delle volte si tratta di un’anomalia di lieve entità, il 28,2% delle persone over 60 ha un problema alle valvole cardiache non diagnosticato, condizione che in molti casi è destinata ad aggravarsi con l’età. A renderlo noto sono i ricercatori dell’University of East Anglia di Norwich, nel Regno Unito con studio pubblicato sull’European Heart Journal. “Abbiamo esaminato quasi 4.500 persone con più di 60 anni provenienti da tre regioni dell’Uk (Norfolk, West Midlands e Aberdeen) usando l’ecocardiogramma, cioè un esame del cuore con gli ultrasuoni”, spiega uno degli autori dello studio, Vassilios Vassiliou.
In oltre un caso su quattro sono stati riscontrati dei problemi: i più diffusi erano “un’incompleta apertura (stenosi valvolare) che si traduce in una restrizione del flusso sanguigno e la chiusura insufficiente (rigurgito valvolare). Il che significa che il sangue può rifluire nella direzione sbagliata”, illustra Michael Frenneaux, tra i firmatari della ricerca. “Questi problemi possono mettere a dura prova il cuore e farlo lavorare di più – aggiunge lo scienziato -. Nel corso del tempo possono aumentare il rischio di infarto, ictus e altre patologie cardiache”.
“La cardiopatia valvolare – spiegano gli studiosi nell’introduzione della pubblicazione – è un’importante causa di morbilità e mortalità in tutto il mondo, rappresentando un onere economico significativo per i servizi sanitari. Entro il 2050, si prevede che la popolazione sopra i 60 anni raddoppierà e sopra gli 80 anni triplicherà. Con l’avanzare dell’età, le valvole sono soggette a deterioramento anatomico e funzionale, rendendo la malattia valvolare più comune negli anziani. Inoltre, con l’aumento dell’aspettativa di vita, è probabile che la cardiopatia valvolare diventi ancora più diffusa in futuro”.
La diagnosi e la valutazione della cardiopatia valvolare si basano principalmente sull’ecocardiografia transtoracica, ma il rinvio per l’ecocardiografia si basa solitamente sui sintomi o sull’auscultazione cardiaca anormale. “Questo può essere difficile negli anziani, perché i sintomi lievi possono essere mascherati da una ridotta attività fisica e da una mobilità compromessa. Inoltre, l’auscultazione cardiaca ha dimostrato un’accuratezza limitata per il rilevamento della cardiopatia valvolare in pazienti anziani asintomatici ed è quindi uno scarso strumento di screening diagnostico nelle cure primarie – commentano gli autori della ricerca -. Di conseguenza, potrebbe esserci una percentuale significativa di cardiopatia valvolare che rimane non diagnosticata in questa popolazione. La fattibilità dell’ecocardiografia come strumento di screening su larga scala per la cardiopatia valvolare negli anziani asintomatici non è stata studiata”.
Lo studio ha inoltre mostrato che i problemi alle valvole cardiache diventano sempre più frequenti e seri al crescere dell’età. Se tra i 60 e i 65 anni solo l’1,5% ha un problema che richiede l’attenzione medica, la percentuale sale al 2,1% appena si superano i 70 anni ed è oltre il 10% dopo gli 85 anni. All’avanzare dell’età, inoltre, i sintomi, che possono includere fiato corto, stanchezza, dolore al torace, debolezza o vertigini, caviglie e piedi gonfi, palpitazioni, “possono essere mascherati da una ridotta attività fisica e da una mobilità ridotta”, spiegano i ricercatori.
“La diagnosi di cardiopatia valvolare prima dell’insorgenza dei sintomi può avere diversi vantaggi. In primo luogo, consentirebbe l’avvio di un’appropriata terapia medica e la modifica dei fattori di rischio e anche l’arruolamento dei pazienti in un programma di follow-up ravvicinato. In secondo luogo, nel caso di cardiopatia valvolare grave asintomatica, è stato dimostrato che una strategia chirurgica precoce in alcune lesioni valvolari può essere associata a una significativa riduzione a lungo termine della mortalità e della morbilità cardiaca rispetto alle strategie convenzionali”, aggiungono gli scienziati. È quindi necessaria particolare attenzione: “Se le persone sviluppano nuovi sintomi o segni che potrebbero indicare una malattia cardiaca, ne discutano con il proprio medico”, concludono i ricercatori.
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato