Il 22 luglio scadono i termini per presentare emendamenti al Ddl 1461 sulla riforma del caregiver. Sull’indennità dibattito aperto ma intanto la senatrice Annamaria Parente annuncia: «Proporrò una indennità come compenso al fatto che con i centri chiusi le famiglie si sono trovate sole e abbandonate durante l’emergenza Covid-19»
Inserire la figura del caregiver nell’ambito dei Servizi sociali e garantire i contributi figurativi per chi assiste i propri cari. Sono questi i pilastri da cui bisogna partire per riformare questo settore secondo Anammaria Parente, Senatrice di Italia Viva e da sempre in prima linea sulle questioni riguardanti i servizi sociali. La senatrice è stata tra le ispiratrici dell’emendamento al Decreto Rilancio grazie al quale i servizi sociali sono stati qualificati come “servizi pubblici essenziali”, tali quindi da non poter essere mai interrotti, nemmeno in situazioni di emergenza come è stata la pandemia da Coronavirus.
«Le regioni – spiega Parente – devono fare i loro piani e intanto dobbiamo renderlo attuabile come tutte le leggi, però questa è una norma di grande valore per far sì che non succeda mai più che da un giorno all’altro le famiglie si trovino da sole con i centri chiusi. Quest’anno sono 20 anni dalla legge 328 del 2000, “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” e dobbiamo rilanciare fortemente i servizi sociali».
Ma è sul Ddl 1461 “Disposizioni per il riconoscimento ed il sostegno del caregiver familiare” che si gioca la vera partita per il rilancio delle misure di sostegno familiari e di rilancio dei servizi sociali. L’esame del Ddl è in fase avanzato in Commissione Lavoro al Senato: entro il 22 luglio i senatori possono presentare proposte emendative.
Il Ddl 1461 apre ad una prima fase di normazione, finalizzata al riconoscimento e alla tutela del lavoro svolto dal caregiver familiare, che rappresenta «un valore sociale ed economico per il Paese». Cambia la definizione di caregiver (massimo un familiare per ogni assistito). Si precisa che l’attività di caregiver familiare è a titolo gratuito ma si prevede il riconoscimento al caregiver familiare della copertura a carico dello Stato, limitatamente a tre anni, dei contributi figurativi riferiti al periodo di lavoro di assistenza e cura effettivamente svolto, equiparati a quelli da lavoro domestico, che vanno a sommarsi ai contributi da lavoro eventualmente già versati.
Il caregiver familiare viene definito come «la persona che gratuitamente assiste e si prende cura in modo continuativo del coniuge, dell’altra parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso o del convivente di fatto ai sensi della legge 20 maggio 2016, n. 76, di un familiare o di un affine entro il secondo grado, ovvero, nei soli casi indicati dall’articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, di un familiare entro il terzo grado che, a causa di malattia, anche oncologica, infermità o disabilità, anche croniche o degenerative, non sia autosufficiente e in grado di prendersi cura di sé, sia riconosciuto invalido in quanto bisognoso di assistenza globale e continua di lunga durata ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, o sia titolare di indennità di accompagnamento ai sensi della legge 11 febbraio 1980, n. 18».
«Il testo base del Ddl è firmato da tutti i partiti, maggioranza e opposizione – spiega Parente -. A mio giudizio è necessario inserire la figura del caregiver nell’ambito dei servizi sociali. Dobbiamo cercare di fare in modo che le persone che si prendono cura dei loro cari possano anche avere una vita normale. In più io proporrò nell’iter legislativo che ci sia una indennità come compenso al fatto che hanno chiuso i centri con le famiglie che si sono trovate sole e abbandonate. Sappiamo che la maggior parte dei caregiver sono donne e quindi dobbiamo rendere possibile e conciliabile la vita lavorativa delle madri, delle sorelle e delle figlie che fanno i caregiver».
Sullo sfondo resta il dibattitto sulla necessità di garantire una indennità per i familiari che assistono i propri cari ma l’esiguità delle risorse a disposizione rendono questa ipotesi, da sempre sostenuta dalle associazioni dei pazienti, di difficile realizzazione.
«Sull’indennità il dibattito è aperto – conclude la senatrice Parente -. Noi parlamentari dobbiamo batterci per avere le risorse per esempio sulla copertura dei contributi figurativi perchè se molti hanno lasciato il lavoro si trovano senza neanche la pensione. Attualmente non abbiamo risorse sufficienti e quindi dobbiamo anche noi chiedere al governo di mettere al primo piano la questione dei contributi figurativi. Il principio cardine della legge è permettere a un caregiver anche di uscire due ore a e quindi mandare a casa l’assistente sociale per sostituirlo: meglio questo che dargli una indennità e costringere a fare assistenza h24 2. Nessun trasferimento monetario può bilanciare la necessitò di conciliare la grande attività di amore e di cura verso il familiare con la necessitò di avere una vita personale».
Iscriviti alla newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato