Il carcere di Opera con due infermieri per seicento detenuti rappresenta un caso limite di un problema che interessa tutta Italia, come denunciato anche dal segretario generale Fials nella lettera scritta ai Ministri Schillaci e Nordio per istituire un tavolo di lavoro sulla salute nelle carceri
Mancano infermieri nelle carceri della Lombardia e non solo. A denunciare la grave carenza è Fials Milano area metropolitana che, in attesa di incontrare i vertici di Regione il prossimo 30 gennaio, snocciola numeri da terzo mondo: «Al carcere di Opera, struttura di massima sicurezza, ci sono due infermieri per seicento pazienti e la situazione non cambia in altre strutture carcerarie». A parlare è Mimma Sternativo, segretario Fials Milano area metropolitana, che ci mostra anche un prospetto esplicativo della situazione in altre strutture carcerarie della metropoli milanese per far comprendere le dimensioni di una vera e propria emergenza sanitaria.
«Ad Opera gli infermieri sono passati da 56 a 31. Parliamo di un carcere molto grande e di massima sicurezza – sottolinea Sternativo -. Questo comporta che, in un turno di lavoro, due infermieri debbano somministrare la terapia e occuparsi di 600 reclusi. Com’è possibile? Opera è suddivisa in quattro sezioni, due rispettivamente con 70 e 80 posti, mentre gli altri due padiglioni ospitano 600 reclusi. Tutti hanno bisogno, pertanto, non è difficile comprende la difficoltà fisica di fornire un’assistenza adeguata. Il sistema non può più reggere».
Se Opera rappresenta il caso limite, con 14 infermieri, 5 Oss e 2 interinali in turno la mattina, numeri che si dimezzano nel pomeriggio e addirittura scendono a 4 infermieri con due interinali la notte, San Vittore non sta meglio con 9 infermieri supportati da 4 Oss e 3 interinali la mattina, 6 infermieri con un interinale il pomeriggio, per arrivare di notte a sole due unità. Neppure a Bollate, definito in passato un carcere modello, la situazione è differente, perché a fronte di una popolazione carceraria di circa 1300 detenuti ci sono in turno 5 infermieri, 4 Oss e 1 interinale la mattina, 2 infermieri e 2 Oss il pomeriggio, e solo un infermiere di notte. Anche il carcere minorile di Beccaria lamenta una emergenza dal momento che può contare solo sulla presenza di due infermieri nelle ore pomeridiane.
«Non esiste uno standard assistenziale che permetta di stabilire quanto personale occorra per garantire l’assistenza dovuta, ma è certo che così non si può andare avanti – rimarca più volte il segretario Fials Milano area metropolitana -. I livelli di stress sono molto alti, senza contare che il personale, spesso neolaureato, non è formato per far fronte alle problematiche della vita carceraria e chi è costretto a lavorare con i detenuti finisce per non fare alcun percorso formativo e il carcere diventa una tomba professionale. Manca poi il sostegno psicologico per chi lavora in carcere. Il rischio di burnout è molto alto e lo confermano i dati: dopo sei mesi di lavoro la maggior parte chiede il trasferimento o addirittura si licenzia».
Mancano standard assistenziali e sostegno psicologico, temi che saranno al centro dell’incontro che si terrà il prossimo 30 gennaio in Regione Lombardia. «Porteremo nel dibattito la carenza di personale infermieristico e medico – puntualizza –, ma anche il fenomeno delle aggressioni verbali cui è sottoposto il personale sanitario. Chiederemo pertanto di fare un documento affinché vengano raccolte le segnalazioni di aggressione a medici e infermieri in carcere». Il tema delle aggressioni sposta la questione a livello nazionale dove proprio Fials con una lettera denuncia del segretario generale Giuseppe Carbone rivolge un appello al Ministro della Salute, Orazio Schillaci, al Ministro della Giustizia Carlo Nordi, al Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Massimiliano Fedriga, e al coordinatore della Commissione Salute delle Regioni, Raffaele Donini per chiedere di istituire un tavolo di lavoro sulla salute nelle carceri che possa monitorare la situazione e definire degli interventi. «La questione non è solo regionale – fa notare Sternativo – per questo come Fials Nazionale abbiamo chiesto un tavolo congiunto con il Ministero della Difesa e il Ministero della Salute per andare a stabilire degli standard assistenziali definiti che ancora mancano».
Nel frattempo, il prossimo 30 gennaio, Fials Milano sarà a Palazzo Lombardia per cercare di migliorare la condizione di lavoro degli infermieri che prestano servizio nelle carceri dell’area metropolitana. «Il nostro impegno va nella direzione di ottenere più personale, più formazione e cercheremo di far destinare un finanziamento di Regione Lombardia alle prestazioni aggiuntive del personale sanitario delle carceri, come è stato fatto nei mesi scorsi per il Pronto Soccorso. Sarà una battaglia ma confidiamo, dal momento che esiste già un tavolo di confronto in Regione sulle carceri, di avere un esito positivo».
Dal momento che spetta all’ASST Santi Paolo e Carlo fornire medici e personale sanitario, la direzione generale ha già sottoscritto un accordo per aumentare la retribuzione di coloro che lavorano in carcere. «Ha dovuto utilizzare i residui di fondi contrattuali aziendali che, in teoria, dovrebbero essere destinati a tutti i lavoratori e non solo ad alcuni. Si tratta comunque di un aiuto che non basta» chiosa il segretario Fials Milano area metropolitana.
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