Salute 31 Maggio 2018 12:11

Carenza medici, Saitta (Conf. Regioni): «Se il governo non saprà evitarla, le Regioni organizzeranno offerta formativa per conto proprio»

Il Coordinatore della Commissione Salute della Conferenza delle Regioni chiede maggiore attenzione alla Sanità da parte del nuovo esecutivo. Sul tema delle aggressioni sottolinea: «È necessario ristabilire un rapporto di fiducia con il sistema sanitario, perché molto spesso queste violenze derivano da un giudizio esagerato»

di Giovanni Cedrone e Giulia Cavalcanti
Carenza medici, Saitta (Conf. Regioni): «Se il governo non saprà evitarla, le Regioni organizzeranno offerta formativa per conto proprio»

«Alcune questioni sono rimaste in sospeso per l’assenza di un governo. Spero che il nuovo esecutivo dedichi maggiore attenzione alla Sanità». Antonio Saitta, Assessore alla Sanità della Regione Piemonte e Coordinatore della Commissione Salute della Conferenza delle Regioni, chiede che il nuovo governo possa occuparsi fin da subito delle grandi questioni che interessano la sanità italiana, rimaste ferme da ormai troppo tempo. A partire dalla necessità di una programmazione, necessaria per far fronte al fenomeno della carenza di medici, per arrivare al tema delle aggressioni al personale sanitario, un problema soprattutto culturale. «Dobbiamo lavorare insieme per spiegare il valore di questa cosa straordinaria che è il Servizio sanitario italiano», spiega Saitta a Sanità Informazione.

Assessore, dal punto di vista delle politiche sanitarie cosa si aspetta dal nuovo governo?

«Sicuramente una maggiore attenzione alla sanità, che deve essere riportata al centro dell’agenda. Trattandosi di servizi che devono essere garantiti a tutti i cittadini, bisogna affrontare alcune questioni che erano rimaste in sospeso per la mancanza di un governo nel pieno dei suoi poteri. A partire dal problema della formazione ai medici specialisti, che sta diventando sempre più serio: oramai in molti ospedali registriamo difficoltà a trovare anestesisti, pediatri, medici di Pronto soccorso, ginecologi. E questa situazione deriva dal fatto che il Ministero della Pubblica Istruzione, che organizza l’offerta formativa delle scuole di specialità, mette a disposizione meno borse di studio rispetto alle necessità: c’è una carenza di 2500 medici, e, considerando che i medici potranno lavorare dopo tre anni di formazione, occorre assumere una decisione velocemente. Questo sarà il primo problema che proporremo al governo, e se non si risolve avremo serie difficoltà a garantire i servizi».

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Tra l’altro il tema della carenza dei medici riguarda anche i medici di medicina generale, soprattutto nelle aree interne…

«Certamente, oltre a quello dei medici ospedalieri c’è anche il problema dei medici generici. Questo tema va affrontato con un minimo di programmazione. D’altro canto non è complicato capire quando i medici andranno in pensione e non è complicato stabilire quanti medici occorrono per poter garantire il servizio a regime. È tutto prevedibile, e allora si può fare un conteggio abbastanza preciso e in base a questo assumere delle decisioni. E se poi il governo riterrà di non essere all’altezza di questo compito, vuol dire che le Regioni si organizzeranno e regoleranno l’offerta formativa per conto proprio».

Un altro tema rimasto in sospeso è quello del contratto della dirigenza medica. Pensa che ci siano i margini per sbloccare la situazione o questa impasse rimane?

«Noi l’accordo ponte con le Regioni, con le risorse che avevamo accantonato, l’abbiamo fatto. Poi c’è il problema delle risorse aggiuntive, su cui mi auguro che il governo si dia una mossa».

Per concludere, un altro argomento molto caldo è quello delle aggressioni ai medici. Cosa si può fare secondo lei per contrastarle?

«Dall’esperienza che vedo nella mia Regione è chiaro che in alcune aree particolarmente complesse siano necessari telecamere, controlli, allarmi e quant’altro. È chiaro che i medici hanno il diritto di poter lavorare in tranquillità e svolgere serenamente il servizio straordinario che offrono alle nostre comunità. Ma poi è necessario ristabilire un rapporto di fiducia con il sistema sanitario, perché molto spesso queste violenze derivano da un giudizio esagerato. Per carità, non dico che i problemi non esistano, ma c’è anche un problema di carattere culturale e credo che tutti, dagli Ordini dei Medici a quelli degli Infermieri alle Regioni, dobbiamo lavorare insieme per spiegare il valore di questa cosa straordinaria che è il Servizio sanitario italiano».

 

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