Mentre il Governo italiano sembra aver preso già una posizione ferma e decisa sulla questione carne artificiale, la comunità scientifica appare divisa sull’argomento. Abbiamo chiesto ad alcuni esperti di fare un breve elenco sui possibili pro e contro di questo nuovo prodotto alimentare coltivato in laboratorio
Mentre il Governo italiano sembra aver preso già una posizione ferma e decisa sulla questione carne artificiale, a Singapore e in Israele la si può trovare già in tavola. Il prossimo passo potrebbero farlo gli Stati Uniti. Lo scorso novembre la Food and Drug Administration (FDA) ha dichiarato che un prodotto a base di carne coltivata, un petto di pollo creato dalla UPSIDE Foods con sede in California, è sicuro per il consumo umano. La comunità scientifica è invece curiosa e allo stesso tempo prudente. Se infatti da un lato sembra essere un’alternativa più sostenibile al consumo di carne tradizionale, ci sono acora dubbi sul suo possibile impatto sulla salute.
La carne artificiale si crea partendo dalle cellule staminali dell’animale che si vuole replicare. «Si inizia prendendo un piccolo pezzetto di muscolo dell’animale dal quale si prelevano poi le cellule staminali», spiega Luciano Conti, professore associato di Biologia Molecolare al Dipartimento CiBio dell’Università di Trento. «Queste cellule vengono poi isolate e coltivate in laboratorio su particolari ‘terreni di coltura‘ a cui vengono aggiunti zuccheri, vitamine e amminoacidi. Da qui le cellule si moltiplicano e passano dall’essere poche fino ad arrivare a miliardi. Successivamente – continua – vengono indotte a differenziarsi, cioè a diventare fibre muscolari e tessuto adiposo». In poche settimane si può avere già una quantità di carne importante, contro l’anno e mezzo che serve per far crescere ad esempio un bovino adulto.
Tra i vantaggi per la salute della carne artificiale ci sarebbe, secondo gli scienziati, un minor rischio di malattie infettive. La storia ci insegna che alcune epidemie possono nascere proprio negli allevamenti intensivi. Pensiamo ad esempio all’influenza suina o alla cosiddetta mucca pazza. «Da non trascurare, inoltre, l’utilizzo eccessivo di antibiotici negli animali – spiega Stefano Biressi, altro professore associato di Biologia Molecolare al Dipartimento CiBio dell’Università di Trento – che sappiamo essere legato al pericoloso fenomeno dell’antibiotico-resistenza». Il processo di produzione della carne artificiale è invece altamente controllato in tutte le sue fasi. «Spetta a noi decidere cosa mettere nelle cellule», spiegano Conti e Biressi. «E in genere sono sostanze naturalmente presenti nell’organismo. Per questo – sottolineano – siamo convinti che la carne colturale possa essere più sicura di quella proveniente dagli allevamenti intensivi. Il rischio di proliferazione di patogeni, oltre che l’uso improprio di antibiotici e steroidi, è bassissimo».
Il consumo di carte artificiale, anziché tradizionale, avrebbe anche dei vantaggi indiretti sulla nostra salute. Gli allevamenti intensivi, infatti, sono considerati una fonte importante di inquinamento: consumano suolo e producono enormi quantità di gas serra. Inoltre, c’è l’inquinamento prodotto dall’industria della macellazione. L’impatto della produzione di carne tradizionale sull’ambiente è quindi notevole e questo, come ormai la scienza ha più volte dimostrato, ha un effetto negativo anche sulla salute dell’uomo.
Il consumo di carne artificiale fa anche molta paura, sostanzialmente perché non ne sappiamo abbastanza. «Quando consumiamo prodotti naturali, nella maggior parte dei casi conosciamo bene i lati positivi e negativi», spiega il celebre nutrizionista Giorgio Calabrese. «Ma la carne artificiale è qualcosa che viene creata in laboratorio da cellule coltivate con sostanze, processi e macchine che non ci danno alcuna garanzia sulla sicurezza del prodotto finale», aggiunge. A preoccupare maggiormente l’esperto sono le sostanze utilizzate per stimolare la crescita delle cellule. «Si usano miscele di proteine, grassi, addensanti, coloranti e chissà cos’altro», dice Calabresi. «Alla fine del processo si avranno prodotti con percentuali variabili di grassi o di altre sostanze che non sappiamo quali effetti possano avere sul nostro organismo», aggiunge. «E poi c’è il rischio contaminazione che non si può escludere da ogni fase del processo con effetti al momento imprevedibili», conclude l’esperto, il quale auspica maggiori studi su questi prodotti artificiali prima di pensare di poterli autorizzare al commercio e al consumo.
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