«Fino a quel momento io mi auguro che non vengano messi in commercio», ha ribadito dott.ssa Anna Villarini, biologa nutrizionista dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, intervenuta al Congresso “La nutrizione negli anni duemila”
Carne sintetica, coltivata in vitro o prodotta attraverso stampanti 3D. È questa la nuova frontiera tecnologica che promette in un prossimo futuro di rivoluzionare l’industria alimentare, ma che al momento fa storcere il naso a biologi e nutrizionisti.
«Io sono critica fino a che qualcuno non mi dimostra che non impatta negativamente con la salute», ci spiega la dott.ssa Anna Villarini, biologa nutrizionista dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. L’abbiamo incontrata al Congresso “La nutrizione negli anni duemila”, organizzato dall’Ordine nazionale dei Biologi, dove si è fatto il punto su ciò che la scienza dell’alimentazione ha convalidato fino ad oggi e gli scenari futuri. «Come mi è capitato di dire anche con gli ingegneri che stanno sviluppando queste tecnologie che poi finiscono nel cibo, – continua la biologa – prima di mettere in commercio questi alimenti dobbiamo avere degli studi forti che ci fanno stare tranquilli che non sono nocivi per la salute. Fino a quel momento io mi auguro che non vengono messi in commercio».
A mettere a rischio la nostra salute, infatti, ci sono già gli alimenti ultra processati. Si tratta di prodotti molto lavorati, come farine raffinate, cibi pronti o snack. «Contengono molto sale o molti zuccheri o molti grassi, specialmente i grassi saturi, – spiega ancora la dott.ssa Anna Villarini – che hanno tecnologie di lavorazione che richiedono l’aggiunta di additivi o di aromi». Insomma, tutti quegli alimenti che «sono il più lontano possibile da quello che è un cibo naturale».
«C’è uno studio francese che ha coinvolto centocinquemila persone, che ha messo in evidenza una relazione tra questi alimenti e l’insorgenza dei tumori», racconta ancora Villarini, facendo riferimento allo studio coorte prospettico, NutriNet-Santé. I dati sono stati raccolti analizzando le abitudini alimentari di 104.980 partecipanti maggiorenni (età media 42,8 anni). I ricercatori hanno analizzato il consumo di 3.300 alimenti diversi, in seguito categorizzati in base al grado di processamento, ricorrendo alla classificazione NOVA. «In modo particolare – continua la biologa – hanno evidenziato che quando uno ha un consumo superiore al 10% di questi alimenti nella sua alimentazione complessiva, c’è anche un 10% in più di rischio di sviluppare un tumore e in modo particolare il tumore della mammella, che ad oggi è uno dei tumori più rappresentati nella popolazione, ovviamente nella popolazione femminile».