Il Presidente della Fondazione GIMBE: «Difficile fare previsioni rispetto all’era pre-vaccini. Gli ospedali reggono, ma il personale è stressato»
«Il sistema ospedaliero, a livello di posti letto, sta tenendo ed è in grado di fronteggiare l’aumento dei casi, ma il personale sanitario è molto più stressato rispetto a un anno fa o all’inizio dell’emergenza. Inoltre, le soglie di occupazione dei reparti di area medica e delle terapie intensive che contribuiscono a determinare il passaggio di una regione alla zona gialla, arancione o rossa sono state definite in un periodo storico in cui non sapevamo nulla rispetto al calo della copertura vaccinale nel tempo o alla necessità della terza dose. Bisogna quindi se il sistema delle regioni a colori debba essere ripensato o cancellato». L’analisi è di Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE che ogni settimana analizza l’andamento dell’epidemia in Italia.
«Stiamo verificando un incremento dei casi in tutte le regioni ormai da sei settimane consecutive. Per fortuna si tratta di una crescita lineare dei casi con un impatto ospedaliero contenuto rispetto all’era pre-vaccini. Al momento abbiamo 190mila casi positivi, e di questi meno del 3% va in ospedale e il 3 per mille in terapia intensiva, quindi significa che i vaccini stanno funzionando bene».
«O non sono vaccinati, o hanno completato da oltre 6 mesi il ciclo vaccinale, o sono persone con multimorbilità e fragilità che, nonostante un ciclo vaccinale completo, vanno a finire in ospedale».
«Sappiamo che in questo periodo stagionale la circolazione del virus aumenta non perché il virus sia più cattivo ma perché, avendo meno occasione di stare all’aperto, il contagio tramite aerosol diventa più frequente. Tuttavia è difficile fare previsioni sui numeri rispetto all’era pre-vaccini, perché questi dipendono dal tasso di copertura vaccinale della popolazione, dal declino della copertura vaccinale dopo un certo numero di mesi, dall’utilizzo di misure individuali, dalla velocità con la quale siamo in grado di somministrare la terza dose. Quindi rispetto all’anno scorso è molto più difficile fare delle previsioni».
«Se questo tasso di ospedalizzazione rispetto ai positivi si mantiene costante, riusciamo a reggere altre decine di migliaia di casi che vanno ad aggiungersi ai positivi. Però non dobbiamo dimenticare che tutto questo toglie il posto ai pazienti che hanno altre patologie, e soprattutto che oggi il personale sanitario è molto più stressato rispetto all’anno scorso, quindi il livello di tenuta complessiva del servizio ospedaliero non può essere paragonato con quello dell’anno scorso o dell’inizio della pandemia».
«Le soglie che contribuiscono a determinare il passaggio di una regione da una zona all’altra sono state definite in un periodo storico in cui non sapevamo nulla rispetto al calo della copertura vaccinale nel tempo o alla necessità della terza dose. Bisogna capire se questo sistema debba essere ripensato o totalmente cancellato».
«Queste sono decisioni politiche, però bisogna monitorare la situazione e fare alcune semplicissime cose: far vaccinare più persone possibile tra quei 6,8 milioni di persone non ancora vaccinate, accelerare con la somministrazione della terza dose, utilizzare dispositivi individuali di protezione, ragionare su controlli più serrati su chi arriva da posti a rischio e potenziare il sequenziamento e il tracciamento. Quindi non ci sono regole nuove o comportamenti diversi da adottare, ma bisogna essere più rigorosi nel rispettarli».
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