In Italia il patrimonio immobiliare è, nella maggior parte dei casi, figlio degli anni ’70. A distanza di quasi 50 anni l’evoluzione della società non rispecchia più totalmente la situazione abitativa: «Questo elemento, e non solo, può condizionare la salute». L’intervista alla direttrice del Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Ambientale dell’Università Sapienza di Roma
L’influenza che l’habitat nel quale viviamo esercita sul nostro stato di salute e sulla sfera psichica ha un ruolo decisivo nel garantirci benessere o esporci ad una situazione di disagio. Dunque, soprattutto la casa in cui abitiamo è una componente cruciale per vivere la nostra esistenza nel migliore dei modi e rappresenta un punto di riferimento essenziale per ogni persona, a prescindere dal contesto socio-culturale a cui appartiene.
«Rischio di malattie cronico-degenerative, problematiche legate alla salute mentale, rischi infettivi… sono solo alcune delle conseguenze a cui può esporci la casa in cui abitiamo». A spiegarlo in un’intervista a Sanità Informazione è Daniela D’Alessandro, direttrice del Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Ambientale dell’Università Sapienza di Roma.
Altro che ‘casa dolce casa’: «Dal punto di vista delle malattie cronico degenerative l’ambiente costruito può avere un effetto diretto e indiretto sulla salute – prosegue la professoressa D’alessandro -. L’effetto diretto è conseguente a tutte le problematiche indoor connesse all’esposizione a sostanze chimiche, alla qualità dell’aria, all’esposizione al radon, ad agenti chimici oppure organici volatili. È interessante notare – continua – che nelle aree più povere, per le fasce socio-economiche più basse, l’indoor è di particolare rilievo anche in base al tipo di sistema di riscaldamento utilizzato e alla sua pericolosità intrinseca. Conseguenza di queste situazioni sono malattie respiratorie e patologie tumorali».
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Per quel che riguarda invece patologie relative all’ambiente di tipo indiretto «sono strettamente connesse alla collocazione degli edifici nel territorio, quindi disponibilità di spazi aperti dove i bambini possono giocare e gli adulti fare sport. Oppure qualità dell’aria e inquinamento» sottolinea la professoressa. «Conseguenza di queste condizioni sono ad esempio le malattie respiratorie legate all’inquinamento, oppure obesità, diabete e altre forme di patologie cardiovascolari conseguenti ad una vita troppo sedentaria, obbligata da spazi che poco si prestano a favorire il movimento. Non meno importanti, le patologie indirette connesse al rumore urbano che induce stress e mette a rischio la salute cardiovascolare e anche mentale».
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«Conseguenze indirette sulla salute relativa allo spazio abitativo sono anche le malattie infettive, rischio conseguente alla qualità delle acque, alle modificazioni del clima che portano insetti che veicolano infezioni differenti. L’ultimo capitolo è quello degli infortuni legati alla tecnologia presente dentro casa: l’incapacità di utilizzarla nel modo giusto, oppure le cadute accidentali e così via».
Un aspetto assolutamente rilevante è l’impatto psichico dell’essere umano rispetto all’habitat: la casa, soprattutto nella cultura occidentale, rappresenta un luogo privato e intimo, che il più delle volte riflette il nostro modo di essere. «Da un’indagine svolta è emerso che nelle abitazioni dove c’è sovraffollamento o non c’è lo spazio minimo individuale, la frequenza del disagio psichico è alta e si esprime in tanti modi come abusi di sostanze stupefacenti, abuso di alcol, forme depressive di vario tipo che sono una delle patologie prevalenti nella società di oggi» prosegue la professoressa D’Alessandro. «In più il benessere psichico è assolutamente legato anche alla percezione di sicurezza che la persona prova dentro casa. Quindi la sicurezza è determinata da tanti fattori: l’illuminazione, l’architettura della casa, del portone, della strada, punti nascosti, visibilità completa, insomma tutti aspetti legati all’abitare che in qualche maniera interferiscono anche provocando ricadute sulla salute mentale».
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L’emotività, oltre ad essere legata a tutti questi aspetti, dipende anche da un elemento, apparentemente trascurabile, ma che al contrario condiziona moltissimo il nostro umore e di conseguenza le nostre azioni: il colore. Sulla psicologia del colore giocano aspetti portanti dell’architettura, del marketing, persino della food industry con il colore dei cibi e della politica con il colore dei simboli dei partiti. «Il colore è un aspetto assolutamente rilevante – spiega la professoressa -, la tinta degli edifici assume un ruolo centrale nell’ambito di una comunità abitativa. Basta pensare ai graffiti e ai murales che nei quartieri diventano un simbolo di appartenenza corporativa, di riconoscibilità sul territorio».
«Come i colori – conclude -, influisce sulla psiche anche la manutenzione delle strutture: un edificio ben conservato dà la sensazione di ordine, di benessere, mentre quello decadente con incrostazioni, danni alla muratura, può essere motivo di ansia e insicurezza».