La Presidente della Commissione Tecnico Scientifica di AIFA sottolinea: «Il caso è un esempio di scrupolo da parte dell’autorità sanitaria che dovrebbe rassicurare piuttosto che preoccupare»
«Il caso ranitidina dimostra che anche in presenza di un rischio solo teorico vengono adottati dei provvedimenti anche drastici e che su tutte queste cose viene data informazione ai cittadini». Patrizia Popoli, Presidente della Commissione Tecnico Scientifica di AIFA, tranquillizza cittadini e pazienti dopo l’esplodere del caso ranitidina che ha portato l’AIFA a disporre il ritiro dalle farmacie e dalla catena distributiva di tutti i lotti di medicinali contenenti il principio attivo ranitidina prodotto presso l’officina farmaceutica Saraca Laboratories LTD – India e il divieto d’uso per tutti i medicinali con la ranitidina per la presenza di un’impurezza denominata N-nitrosodimetilammina (NDMA) appartenente alla classe delle nitrosammine. Popoli, che abbiamo incontrato nel corso dell’evento “Farmaceutica tra presente e futuro: strategie di governance per la sostenibilità” organizzato da SIFO e Università di Camerino, spiega che in realtà la nitrosammina è «una sostanza la cui pericolosità per l’uomo non è stata definitivamente dimostrata e che oltretutto è presente già in alcuni alimenti, anche nell’acqua potabile, in alcune bevande» e che il ritiro e il divieto d’uso sono stati disposti a scopo precauzionale. Popoli ha poi spiegato il lavoro del CTS di AIFA che si occupa di valutare i farmaci per deciderne l’eventuale rimborsabilità da parte del Sistema sanitario e se la loro immissione nel mercato «rappresenti un vantaggio per il paziente».
LEGGI ANCHE: AIFA, REGIONI INDICANO DOMENICO MANTOAN ALLA PRESIDENZA. ZAIA: «RICONOSCIMENTO ALLA SUA CARRIERA»
Presidente, che lavoro svolge la Commissione Tecnico Scientifica di AIFA?
«Questa commissione si occupa di valutare i farmaci che sono già stati immessi sul mercato, magari a livello europeo, per verificare se questi farmaci possono essere concessi in regime di rimborsabilità, quindi se possono essere forniti a carico del Servizio sanitario nazionale, e poi per valutare a quale condizione questi farmaci possono essere forniti, sia che vengano rimborsati o meno. Ad esempio se la prescrizione debba essere effettuata dallo specialista o dal medico di medicina generale. Se la prescrizione dev’essere fatta in ospedale, come deve essere fatto il trattamento, se c’è bisogno di una nota limitativa dell’Aifa, se dev’essere attivato un registro. In sostanza si fa una valutazione del place in therapy del nuovo farmaco rispetto alle alternative disponibili e si stabilisce se e a quali condizioni dev’essere fornito ai pazienti».
Quali sono i criteri per la rimborsabilità?
«Si valuta innanzitutto se il farmaco rappresenta un vantaggio per i pazienti, se si tratta di un farmaco che è migliore dei farmaci che già abbiamo ovviamente il farmaco viene ammesso alla rimborsabilità a fronte di una congrua negoziazione del prezzo. Se si tratta di un farmaco che ha un valore più o meno sovrapponibile dei farmaci che abbiamo può comunque essere ammesso alla rimborsabilità per offrire una ulteriore opzione terapeutica ai pazienti, ma se si tratta di un farmaco che ha un valore complessivamente inferiore rispetto a quello che già abbiamo, per esempio meno efficace e meno sicuro, complessivamente un rapporto rischio-beneficio meno favorevole, questo farmaco non viene fornito perché l’obiettivo è sempre quello di dare ai pazienti farmaci migliori dei quali possiamo disporre».
C’è un caso che nelle ultime settimane ha tenuto banco nella cronaca, è quello della ranitidina. È stato disposto il divieto d’uso per alcuni farmaci che contengono questo principio. Pensa che rientrerà l’allarme? Cosa ha spinto l’Aifa a disporre il divieto d’uso?
«In realtà questa è stata una decisione assunta a livello centrale europeo, non è stata una iniziativa singola di Aifa. Il ritiro di alcuni lotti e il divieto d’uso di tutti gli altri prodotti a base di ranitidina sono provvedimenti generati a seguito dei controlli, che si fanno continuamente sui farmaci in commercio. A seguito dei più recenti controlli che hanno utilizzato delle metodiche analitiche di cui prima non disponevamo, è stato possibile identificare all’interno di farmaci contenenti la ranitidina una impurezza, la nitrosammina, che è in realtà una sostanza la cui pericolosità per l’uomo non è stata definitivamente dimostrata e che oltretutto è presente già in alcuni alimenti, anche nell’acqua potabile, in alcune bevande. È una sostanza alla quale di fatto siamo già esposti, solo che trattandosi di una impurezza nel farmaco non ci deve stare. Il ritiro e il divieto d’uso sono stati messi in campo a scopo precauzionale. Poi su tutti questi farmaci che sono sotto esame si faranno le analisi opportune. Potrebbe essere che ritornino di nuovo disponibili in commercio. È una cosa che secondo me dovrebbe rassicurare i pazienti anziché preoccuparli perché significa che i farmaci vengono controllati e poi che anche in presenza di un rischio solo teorico vengono adottati dei provvedimenti anche drastici e su tutte queste cose viene data informazione ai cittadini. Direi che è un esempio di scrupolo da parte dell’autorità sanitaria che dovrebbe rassicurare piuttosto che preoccupare».
LEGGI ANCHE: CASO RANITIDINA, LA DENUNCIA DI CONTARINA: «FAKE NEWS SENZA FRENI. SERVE PIU’ FIDUCIA NEI PROFESSIONISTI»