Negli ultimi anni, l’operazione chirurgica di ovviare all’opacizzazione del cristallino si è trasformata sempre di più in un’opportunità di correggere tutti i difetti di vista, per vicino e per lontano
È l’intervento più eseguito nelle sale operatorie di tutta Italia: l’anno passato è stato eseguito su 557mila persone, con un’incidenza di complicanze ridotta a pochi punti percentuali. Ed è l’unico intervento che pone rimedio a un disturbo dell’invecchiamento restituendo a un organo l’efficienza che aveva in età giovanile. Sono questi i primati della chirurgia della cataratta, che negli ultimi anni ha non solo raggiunto traguardi incredibili sotto il profilo dell’efficacia e della sicurezza, ma ha anche aperto nuove prospettive di recupero dei difetti della vista (miopia, ipermetropia, astigmatismo e presbiopia) in soggetti colpiti con una cataratta solo incipiente o addirittura assente.
«L’operazione di cataratta consiste nella sostituzione del cristallino opacizzato e non più efficiente dal punto di vista ottico con un cristallino artificiale – spiega il Professor Scipione Rossi, membro del Board direttivo della Società Oftalmologica Italiana e dell’Associazione Italiana Cataratta e Chirurgia Refrattiva, nonché direttore della UOC di Microchirurgia Oculare dell’Ospedale San Carlo di Nancy a Roma -. Nella sua versione classica, l’intervento prevede l’uso di uno strumento che, grazie all’emissione di ultrasuoni, frantuma il cristallino, riducendolo in polvere, e nel medesimo tempo ne aspira i frammenti; una volta terminata questa fase, viene inserito il cristallino artificiale». Proprio per la fase di frantumazione e di asportazione del cristallino si è resa disponibile negli ultimi anni una nuova tecnologia: il laser a femtosecondi. «Si tratta di uno speciale strumento che, grazie a impulsi laser di durata brevissima, consente di polverizzare il cristallino a occhio chiuso con precisione, a tutto vantaggio della sicurezza e della tollerabilità dell’intervento», ha aggiunto il Professor Rossi.
L’altra rivoluzione tecnologica che ha investito l’operazione di cataratta riguarda i cristallini artificiali. Nell’intervento convenzionale, questi sono monofocali, consentono cioè di correggere il difetto di vista solo per lontano o solo per vicino. Negli ultimi anni, sono arrivate sul mercato lenti di nuova generazione, chiamate lenti Premium, o più tecnicamente EDOF (Extended Depth Of Focus) oppure trifocali. «Queste nuove lenti a profondità di fuoco o multifocali garantiscono una correzione di praticamente tutti i difetti di vista, per lontano e anche per vicino, permettendo al paziente di fare a meno degli occhiali», ha sottolineato il Professor Rossi.
Le nuove lenti intraoculari possono essere impiantate in soggetti con una cataratta solo incipiente, o addirittura assente. In questo caso si parla più propriamente di lensectomia, un intervento in cui l’obiettivo principale è la correzione dei difetti visivi. Si aprono così nuove prospettive per molti 50-60enni che vogliono recuperare la vista che avevano da giovani, grazie anche al fatto che l’intervento non presenta particolari problemi di sicurezza e di tollerabilità.
«Sia nel caso della cataratta sia nel caso della lensectomia, prima dell’intervento l’oculista procede chiaramente a una visita approfondita per verificare che non ci siano controindicazioni», ha specificato il Professor Rossi. «L’operazione si effettua ambulatorialmente e dura circa un quarto d’ora; nella maggior parte dei casi si effettua con un’anestesia topica, cioè instillando gocce di collirio nell’occhio e il soggetto operato viene dimesso dopo un’ora di osservazione. Dopo l’intervento, il paziente, che può essere bendato o meno, deve seguire alcune norme igieniche, utilizzando un collirio antinfiammatorio e antibiotico per alcuni giorni. Dopo 4-5 giorni c’è un recupero completo del visus e può tornare alla sua vita normale».
«Le complicanze – aggiunge il Professore – sono intorno al 3%, ma in questo computo sono comprese anche le alterazioni che riguardano la superficie oculare, come la sensazione di bruciore che si può avvertire nel post operatorio, mentre quelle più gravi, come le infezioni, sono veramente rare: è uno degli interventi più sicuri al mondo», conclude.
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