L’appello lanciato da Pierangela Totta, direttore scientifico di Futura Stem Cells: «Per essere competitivi è fondamentale ripensare all’intero sistema di conservazione delle cellule staminali del cordone ombelicale»
«Ora che il mondo ha deciso di investire sulle cellule staminali come trattamento contro Covid-19 è fondamentale che l’Italia ripensi e ridisegni l’intero sistema di conservazione di queste preziose cellule. Non perdiamo l’occasione di cogliere questa importante opportunità terapeutica». È l’appello lanciato da Pierangela Totta, direttore scientifico di Futura Stem Cells, azienda che si occupa della conservazione privata delle cellule staminali del cordone ombelicale.
I risultati preliminari degli studi condotti sui pazienti Covid-19, sottoposti a infusioni di cellule staminali mesenchimali, hanno prodotto risultati promettenti. Queste “cellule bambine” sono in grado di specializzarsi in diversi tipi di tessuto e sembrano essere in grado di fare la differenza nel trattamento delle infezioni medio gravi da virus SARS-CoV-2. «Alcuni pazienti Covid-19 presentano una grave forma di polmonite e sviluppano rapidamente la sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS), che richiede il ricovero nell’unità di terapia intensiva”, spiega Totta. “Le cellule staminali mesenchimali – prosegue – possono modulare la risposta immunitaria, ‘spegnendo’ l’infiammazione e innescando la riparazione dei tessuti danneggiati. Queste cellule, infatti, vengono attratte dal sito della lesione, cioè si accumulano nel polmone, e questo potrebbe migliorare il microambiente polmonare, proteggere le cellule epiteliali alveolari, prevenire la fibrosi polmonare e migliorare la funzione polmonare».
I risultati dei test clinici condotti in Cina e negli Stati Uniti suggeriscono un’efficacia del trattamento anti-Covid superiore al 90%. «Studi simili sono ora in corso in diversi paesi del mondo, compresa l’Europa – riferisce Totta -. In Portogallo, ad esempio, il gruppo di ricerca di André Gomes, direttore generale di Crioestaminal, la prima banca di conservazione di cellule staminali del cordone ombelicale nella penisola iberica, ha appena terminato la fase di sviluppo del farmaco e ora sta producendo la prima dose che utilizzeranno in una sperimentazione clinica che coinvolge diversi ospedali in Portogallo» aggiunge. In Italia, alcuni centri hanno annunciato l’intenzione di voler battere questa promettente strada.
«Per questo, ora più che mai, di fondamentale importanza poter disporre di un buon sistema di banche di cellule staminali per la conservazione sia delle cellule del sangue del cordone ombelicale che quelle del tessuto cordonale”, Totta. Il tessuto cordonale è probabilmente la migliore fonte di cellule staminali mesenchimali: stando alle ultime stime, le cellule prelevate dal cordone ombelicale possono essere fatte proliferare in laboratorio e potrebbero essere utilizzate per il trattamento di oltre di 10mila pazienti. In Italia è permessa solo la donazione delle cellule staminali del sangue cordonale. Si calcola che nel nostro paese solo nel 4% dei parti viene raccolto il sangue del cordone ombelicale del neonato.
«Troppo poco – commenta Totta – per sfruttare appieno le opportunità offerte dall’uso delle cellule staminali del sangue cordonale, pubblico e privato potrebbero unirsi e lavorare insieme, creando una vera e propria banca ibrida”, propone. In pratica, si tratta di dare alle banche private la possibilità di offrire alle famiglie l’opportunità di inserire i loro campioni in un registro pubblico, quindi allargando le potenzialità di utilizzo delle staminali conservate privatamente. Altri paesi europei hanno già adottato questo modello. «In Spagna, ad esempio, i campioni possono essere conservati in maniera autologa familiare privata ma obbligatoriamente devono essere immessi nel registro pubblico – racconta Totta -. Qualora risultasse un donatore compatibile nel mondo, scatta l’obbligo della donazione e il rimborso delle spese sostenute. In Germania – continua – i genitori possono scegliere di conservare privatamente ma anche di mettere i propri campioni nel registro pubblico». E ancora: in Svizzera a giugno è nato il primo modello di banca ibrida per quello stato, con una vera collaborazione tra pubblico e privato: dal collazionamento alla caratterizzazione fino al mantenimento e ai loro potenziali rilasci. «La pandemia, oltre ad averci ricordato le potenzialità terapeutiche delle cellule staminali mesenchimali, può essere l’occasione per l’Italia di ripensare al sistema di conservazione delle staminali cordonali» conclude Totta.
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