Chiarla, direttore di CasaOz per bambini malati: «Stiamo progettando attività compatibili con il distanziamento sociale, preferibilmente all’aperto, e insegneremo le regole con giochi e segnaletica. I nostri bambini, essendo soggetti a rischio, finora non sono mai usciti di casa e in molti casi l’isolamento ha peggiorato la loro situazione». E per chi non potrà iscriversi c’è “Casa Smart”
Tra poco la fase 2 comincerà anche per i più piccoli. Nei giorni scorsi il ministro per la Famiglia Elena Bonetti ha annunciato che «i centri estivi potranno aprire il 15 giugno», data che, stando al dpcm, potrà essere anticipata o posticipata dalle Regioni a seconda della situazione epidemiologica territoriale.
Carla Chiarla, direttore del servizio educativo di CasaOz, un’associazione torinese per bambini e famiglie che incontrano la malattia, racconta a Sanità Informazione i preparativi in corso per accogliere i piccoli ospiti.
Innanzitutto, nei centri estivi potranno accedere i bambini con almeno tre anni d’età e le iscrizioni avverranno secondo criteri di priorità d’accesso: deve essere avvantaggiato chi ha più bisogno, dai disabili ai soggetti fragili. «Prima dell’emergenza accoglievamo oltre cinquanta ospiti al giorno, adesso dovremmo revisionare il numero di accesso. CasaOz – dice il direttore del servizio educativo – è composta da piccoli ambienti, proprio come una vera casa: c’è un salotto, una sala da pranzo, una biblioteca, una stanza dedicata allo studio. Ora, ognuno di questi ambienti potrà accogliere non più di 5-6 persone per volta. Di conseguenza, per soddisfare tutte le richieste abbiamo previsto permanenze di mezza giornata e diviso i bambini in gruppi diversi, ognuno dei quali frequenterà la casa per una settimana o poco più, garantendo così che ogni persona che ne ha fatto richiesta possa usufruire del centro almeno per un periodo, seppur breve». Dal 15 giugno, infatti, CasaOz dovrà prepararsi ad accogliere oltre 300 ospiti, tra bambini e ragazzi. Dall’inizio della sua attività, dal maggio del 2007 ad oggi, sono state aiutate più di mille famiglie provenienti da oltre 40 paesi del mondo, in particolare dall’Italia, dall’Europa, dell’Est, dal Sud America e dall’Africa.
Gli ingressi giornalieri dovranno essere scaglionati: i bambini saranno divisi in piccoli gruppi, invitati ad arrivare a distanza di 5-10 minuti l’uno dall’altro. Prima di accedere sarà necessario misurare la temperatura corporea, lavare le mani con acqua e sapone o con gel igienizzante e indossare la mascherina. Ovviamente, sia dentro che fuori, dovrà essere sempre rispettata la distanza di un metro. «E questa – dice Chiarla – sarà probabilmente la parte più complessa, specialmente con i bambini disabili, abituati ad esternare sentimenti ed emozioni attraverso il contatto fisico. Ad ogni modo, stiamo progettando una serie di attività compatibili con le esigenze del distanziamento sociale, per garantire la sicurezza sia degli ospiti che degli operatori. Insegneremo tutte le regole, dal rispetto della distanza di sicurezza all’igienizzazione delle mani e degli oggetti, attraverso dei giochi e con l’aiuto di un’apposita segnaletica disegnata su muri e pavimenti. I bambini saranno divisi in gruppi ad ognuno dei quali verrà attribuito un colore per accedere in modo ordinato alle attività. Laddove possibile si preferiranno giochi all’aperto, così da ridurre ulteriormente le possibilità di contagio. Sarà necessario educarli anche all’uso corretto e costante della mascherina: i nostri bambini, essendo soggetti a rischio, finora non sono mai usciti di casa. Un isolamento che, in molti casi, ha peggiorato la loro situazione. Si tratta di ragazzi con difficoltà di deambulazione o di orientamento spazio-temporale che, avendo interrotto la routine delle attività a cui erano abituati, hanno subito una regressione sia nella capacità di movimento che nelle piccole autonomie conquistate».
Mentre il numero di bambini presente in ogni centro estivo sarà ridimensionato, quello degli operatori aumenterà. Per i bambini dai 3 ai 5 anni dovrebbe essere presente un adulto ogni cinque. Dai 6 agli 11 anni, il gruppo di bambini sale a 7 componenti, per arrivare a 10 tra i 12 e i 17 anni.
Per i bambini che, nell’alternanza dei gruppi prevista dalla gestione dell’emergenza, non potranno frequentare fisicamente il centro, CasaOz sta ideando una Casa “smart”, «una modalità digitale di incontro, ascolto e relazione, dove le persone possano sentirsi pensate, accolte e supportate e – sottolinea il direttore Chiarla – dove possano continuare a realizzarsi attività come lo studio, il gioco e i laboratori, pur non potendo essere presenti fisicamente». Per realizzare il progetto CasaOz ha lanciato la campagna “Ora, più che mai”, una raccolta fondi che durerà fino al 30 maggio (sarà possibile donare attraverso il numero solidale 45595, inviando un sms del valore di 2 euro da cellulare oppure 5 euro da rete fissa), che permetterà l’acquisto delle strumentazioni necessarie. «Il progetto – dice Chiarla – darà modo ad ogni bambino, ragazzo e genitore di sentirsi “come a CasaOz”, riproponendo le stesse sensazioni di accoglienza, inclusione, appartenenza e partecipazione. Per i bambini malati e disabili è sempre emergenza: vivono ogni giorno la situazione della malattia o della disabilità, qualsiasi esse siano. E con le restrizioni imposte dal coronavirus hanno vissuto un isolamento e una solitudine ancora più forti. Per questo – conclude – vogliamo dare loro un conforto costante, anche se a distanza».
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