Il vicepresidente della Società italiana di pediatria sul certificato medico per rientrare in classe: «Previsto solo dopo percorso Covid, non è obbligatorio per tutte le assenze»
Il nuovo anno scolastico ai tempi del Covid-19 è ufficialmente partito, carico di aspettative ma anche di preoccupazioni. Tante le questioni ancora aperte che continuano a tenere banco: dal certificato medico alla gestione dei casi sospetti, dai criteri per richiedere i tamponi fino ad arrivare ai test rapidi. Nell’intervista a Sanità Informazione Rino Agostiniani, vicepresidente della Società italiana di pediatria (Sip), ha tracciato proposte e soluzioni per ridurre i tempi e gestire al meglio le prossime settimane.
«Intanto mettiamo un punto fermo: il rientro a scuola dei bambini era indispensabile. La mancanza dell’aspetto relazionale e del sistema educativo non poteva durare ancora a lungo perché avrebbe lasciato segni profondi sulle nuove generazioni. Per quanto riguarda i bambini non c’è un rischio di salute personale, perché si ammalano poco e di forme lievi, ma c’è un aumentato rischio di diffusione dell’epidemia che però si può contenere rispettando le regole. La scuola non è una realtà pericolosa, ce ne sono altre nella nostra quotidianità di vita in cui il rischio è più alto. Non sottovaluterei la capacità dei bambini di rispettare le indicazioni e comprendere quali siano le strategie più opportune da tenere: se gli si parla nel modo giusto sono molto attenti e prudenti e a volte riprendono anche gli adulti».
«Nel caso di un bambino che presenta sintomi compatibili con un sospetto di infezione da Sars-CoV-2 la famiglia deve contattare il pediatra che in base ad una sua valutazione – triage telefonico o visita – decide se inserire o meno il bambino in un percorso di sospetto Covid: nel tal caso verrà effettuato un tampone e sulle modalità di effettuazione dell’esame ci sono differenze locali e regionali. In caso di positività, scatta il percorso ben definito di tracciamento dei contatti gestito dal dipartimento di prevenzione; in caso di negatività del tampone non appena il bambino sta bene il pediatra firma un’attestazione in cui dichiara che è stato seguito il percorso opportuno, di aver ricevuto l’esito del tampone e che il bambino può tornare a scuola».
Discorso più complesso per tutte quelle situazioni che non rientrano nel percorso Covid: cosa succede se un bambino si assenta da scuola per motivi familiari, per un malanno stagionale o per motivi di salute che, fortunatamente, esulano dal Covid? «In questo caso, noi pediatri non abbiamo un obbligo di legge di certificato – come gli anni scorsi – e tutte le regioni si stanno comportando in maniera diversa. L’Emilia-Romagna ha deciso che si può rientrare senza certificato, ma non tutte le regioni si stanno muovendo in questo senso. Se, ad esempio, il bambino ha avuto un’infezione delle vie urinarie, non c’era bisogno prima e non c’è bisogno adesso di un certificato per tornare a scuola se è in buone condizioni di salute. Basta motivare l’assenza come si è sempre fatto gli anni passati. Attualmente, non esiste un reale obbligo di certificazione per le assenze se non per quanto concerne il percorso Covid, come specificato dal documento dell’ISS».
Secondo Agostiniani, la criticità è un’altra: «L’aumentare del numero di richieste di tamponi potrebbe saturare il sistema e allungare i tempi di rientro a scuola. Questo dipenderà dalla capacità organizzativa delle varie realtà. Un passaggio chiave gestionale sarà quello di poter utilizzare, mi auguro prima possibile, test rapidi per la ricerca dell’antigene, anche su saliva. Quest’ultimo dà una risposta in soli dieci minuti e rende anche più semplice la raccolta rispetto al tampone. Al momento mi sembra l’unica soluzione e via d’uscita, da attuare in tempi brevi: sono test da validare perché sembra non abbiano una sensibilità del 100% ma cambierebbero notevolmente la modalità di gestione».
«I criteri dettati dall’ISS per inserire un bambino nel percorso Covid sono molto ampi; capisco che sia stato fatto per una maggiore ricerca e tracciabilità però, di fronte ad un rischio che io reputo concreto, di un numero eccessivo di tamponi che mandi in crisi il sistema può essere opportuno proporre criteri più restrittivi, restringere la cerchia ai soggetti che con più probabilità risulteranno positivi al tampone. I sintomi della malattia da Covid-19 sono sovrapponibili all’influenza, ma le forme gravi, di solito, presentano manifestazioni varie e più complesse. Non abbiamo ancora a disposizione test rapidi: adottare qualche criterio un po’ più restrittivo può essere una scelta di buon senso»
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