Comprendere la parcellizzazione delle aree cerebrali nei neonati e come queste maturino nelle prime settimane di vita ha importanti implicazioni cliniche, Morrone: «Questa scoperta potrà aiutarci a prevedere le conseguenze di un danno perinatale, guidare i chirurghi durante delicati interventi, aumentare l’efficacia della riabilitazione se realizzata entro precise fasi temporali di sviluppo»
La visione del movimento di un neonato, già dopo le prime quattro settimane di vita, è simile a quella dell’adulto. A scoprirlo i ricercatori di Università di Pisa, IRCCS Fondazione Stella Maris e Università Vita-Salute San Raffaella. «Per la prima volta è stato osservato il cervello dei neonati da svegli – spiega a Sanità Informazione la professoressa Maria Concetta Morrone del Dipartimento di Ricerca Traslazionale e Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia dell’Università di Pisa e coordinatrice dello studio -. Tutte le ricerche condotte finora avevano esaminato le funzione cerebrali durante il sonno o sotto l’effetto di anestesia. Di conseguenza, i risultati ottenuti erano molto diversi da quelli che abbiamo osservato grazie a questa nostra nuova ricerca».
Per registrare l’attività cerebrale dei neonati mentre osservavano stimoli visivi, i ricercatori hanno utilizzato la Risonanza Magnetica funzionale. «È stata una vera sfida gestire bambini così piccoli, mantenendoli svegli, collaborativi e impegnati attivamente nell’osservazione degli stimoli visivi in un ambiente non facile come quello della Risonanza Magnetica», assicura la ricercatrice. I neonati, rassicurati dalla presenza e dal contatto con la mamma, seguivano con lo sguardo, su uno schermo, dei punti luminosi che si muovevano in modo casuale o in traiettorie coerenti.
Lo studio, intitolato “Development of BOLD response to motion in human infants” e pubblicato sulla rivista internazionale Journal of Neuroscience, dimostra che le aree cerebrali deputate alla visione del movimento sono già mature a quattro settimane: «Un risultato che ribalta completamente quanto creduto finora, ovvero che lo sviluppo avvenga solo successivamente grazie alle interazioni che il neonato ha con il mondo esterno», aggiunge la professoressa Morrone.
E non si tratta certo di un dettaglio trascurabile. Comprendere la parcellizzazione delle aree cerebrali nei neonati e come queste maturino nelle prime settimane di vita ha importanti implicazioni cliniche: «Questa scoperta può aiutarci a prevedere le conseguenze di un danno perinatale e quale sarà il possibile esito. Così come potrà guidare i chirurghi durante delicati interventi, come quelli per la rimozione di tumore. Ancora – dice la coordinatrice dello studio -, eventuali approcci riabilitativi potranno essere più specifici ed efficaci se realizzati entro precise fasi temporali di sviluppo».
I risultati sono frutto di una ricerca inaugurata già nel 2008. Con una prima pubblicazione nel 2015 su PLOS Biology gli scienziati dimostrarono, per la prima volta, che le aree cerebrali della visione erano già formate a 7 settimane di vita e simili a quelle di una persona adulta, producendo anche le prime mappe della funzione corticale visiva dei neonati. A partire da questi esiti, gli scienziati hanno deciso di estendere ulteriormente lo studio analizzando neonati a partire dalle 4 settimane di età.
Hanno preso parte alla ricerca circa 20 bambini, 12 nel primo lavoro e altri 8, più piccoli, al secondo. Grazie a quest’ultimo studio gli scienziati hanno dimostrato che, proprio come accade negli adulti e nei neonati più grandi, anche i bambini di 4 settimane di età mostrano maggiori risposte al movimento coerente rispetto a quello casuale in un’ampia rete di aree cerebrali, comprese quelle associate alla percezione del corpo e al sistema vestibolare.
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