Ci sono persone perennemente insoddisfatte. Non sono in grado di rallegrarsi di ciò che hanno, e si concentrano più frequentemente su ciò che non hanno, piuttosto che su cosa riempie la loro vita. Questi individui, nonostante una buona salute, un buon lavoro e una situazione familiare stabile, tendono ad esprimere insoddisfazione. Può diventare un vero […]
Ci sono persone perennemente insoddisfatte. Non sono in grado di rallegrarsi di ciò che hanno, e si concentrano più frequentemente su ciò che non hanno, piuttosto che su cosa riempie la loro vita. Questi individui, nonostante una buona salute, un buon lavoro e una situazione familiare stabile, tendono ad esprimere insoddisfazione. Può diventare un vero e proprio malessere fisico che sfocia in cervicobrachialgia. Una sindrome dolorosa che coinvolge collo, scapola, spalla e l’arto superiore.
Il collo, di fatto, è il ponte tra testa e cuore, un vero e proprio crocevia tra dovere e piacere. Quando una persona per molto tempo è insoddisfatta della propria vita mette in allerta il corpo che reagisce sviluppando disturbi di varia natura, tra cui anche la cervicobrachialgia. «Il termine è generico perché indica un dolore della zona che parte dal collo e si irradia alla spalla ed alla scapola fino al braccio – spiega Mirko Podico, fisioterapista specializzato in riabilitazione domiciliare e consigliere dell’Ordine dei Fisioterapisti di Milano -. Quando il dolore tende a cronicizzare diventa invalidante ed ha un impatto talmente importante sulla psiche dell’individuo al punto da portare anche conseguenze gravi come sindromi ansiose e depressione con evoluzioni infauste. Perciò è fondamentale non trascurare nessuna condizione di dolore costante, ma andare a fondo del problema anche perché possono verificarsi conseguenze come parestesia e riduzione di forza dell’arto interessato».
Non solo l’insoddisfazione genera la cervicobrachialgia, alla base del dolore possono esserci anche cause fisiologiche come una radicolopatia cervicale e la sindrome dello stretto toracico. «Nel primo caso si tratta di una condizione patologica che interessa le radici dei nervi spinali attraverso una compressione dovuta, tra le altre, a un’ernia del disco, oppure ad un’artrosi cervicale o ancora ad una artrite reumatoide – fa notare Podico -. Si parla invece di sindrome dello stretto toracico quando si verifica una compressione dei vasi sanguigni o strutture nervose passanti appunto per lo stretto toracico, importante passaggio del plesso brachiale. In questo caso si tratta di una compressione nervosa più a valle rispetto alla radicolopatia cervicale, ma l’esito è sovrapponibile per la presenza di un dolore al collo, alla spalla e all’arto superiore».
Tutti gli individui possono essere potenzialmente soggetti alla cervicobrachialgia in una fase della loro vita. Esistono però delle professioni che alzano le probabilità di contrarre la patologia. «I professionisti che svolgono un’attività sedentaria, che stanno molte ore dinnanzi al computer, o alla guida di un’automobile, sono più a rischio – evidenzia il fisioterapista -. Questo perché tendono a bloccare collo e spalle per molte ore in posizioni predisponenti». Esistono al riguardo delle misure precauzionali che riducono il rischio. «Interrompere l’attività lavorativa a intervalli regolari, almeno ogni ora, facendo qualche esercizio di stretching può essere uno stratagemma utile, così come tenere uno stile di vita attivo con sport vari che siano gratificanti – ammette Podico -. Questo perché hanno un impatto psicologico positivo sulla gestione del dolore».
La gestione della cervicobrachialgia dipende dalla causa. «Se è una questione squisitamente muscolare la fisioterapia può essere risolutiva con esercizi mirati sul gruppo di muscoli interessati e il problema può essere risolto in tempi brevi, da circa tre settimane ad un mese – aggiunge l’esperto -. Invece se ci sono situazioni più complesse come artrosi alla colonna cervicale o un’ernia del disco, allora è necessario un approccio multidisciplinare che prevede la consulenza dell’ortopedico, del neurologo e del fisioterapista. Il trattamento comunque, salvo casi particolari, inizialmente è conservativo». Evitare situazioni di dolore cronico comunque è possibile con una corretta prevenzione. «Fare stretching al collo è di aiuto perché evita che i muscoli si irrigidiscano e la struttura diventi ipomobile – sottolinea il fisioterapista -. Infatti, la rigidità è sempre un fattore predisponente alla cervicobrachialgia».
L’attività del fisioterapista agisce nell’ambito di una terapia conservativa e include svariati trattamenti e rimedi che comprendono esercizi per potenziare i muscoli, ginnastica posturale e stretching. «Con esercizi corretti e una igiene posturale – conclude Podico – ci possono essere risultati importanti anche in situazioni croniche. Il paziente non deve scoraggiarsi e lavorare con costanza perché solo così è possibile ottenere risultati duraturi». Nella fase acuta della sintomatologia poi è consigliato il riposo e l’astensione dalle attività che portano all’insorgenza dei sintomi, l’assunzione di farmaci antidolorifici, come paracetamolo e ibuprofene, in accordo con il medico curante. Quando dalle indagini diagnostiche emerge che si tratta di un problema muscolare, i farmaci miorilassanti possono essere di aiuto così come fare crioterapia (terapia del freddo) con l’applicazione del ghiaccio nella zona più dolorosa, alternata all’esecuzione di bagni caldi per ridurre il dolore.