La Banca del sangue raro della Lombardia conserva 2000 sacche e dopo aver fatto fronte alla maggiore richiesta durante la pandemia lavora per incrementare il numero di donatori anche non caucasici e per creare una banca nazionale in grado di competere con l’Europa
Trovare il sangue giusto al momento giusto è la sfida che ogni giorno si compie alla Banca del sangue raro della Lombardia che ha sede presso il centro trasfusionale del Policlinico di Milano. Dal 2005 grazie ad un fondo di Regione Lombardia ha tipizzato più di 100 mila donatori e ha permesso di individuarne 15 mila rari e 1000 ultra-rari.
Un lavoro complesso realizzato con piattaforme di biologia molecolare attraverso cui è possibile tipizzare per esteso ogni donatore per più di trenta antigeni tipicitari e piastrinici che permettono di classificare un sangue come raro. «Un donatore viene definito di gruppo raro quando il suo assetto antigenico viene riscontrato al massimo in 1 individuo ogni 1.000 soggetti esaminati – spiega Nicoletta Revelli, biologa, responsabile della Banca del sangue raro del Policlinico di Milano -. Sulla superficie dei globuli rossi si trovano gli antigeni che definiscono i diversi gruppi sanguigni. Grazie alla tipizzazione vengono individuati i donatori rari che hanno meno di 55 anni e un sangue raro che viene congelato se non utilizzato al momento».
«Ad oggi abbiamo 2000 sacche congelate a meno 80 gradi da conservare per 10 anni. Per casi estremamente gravi la scadenza può essere posticipata – puntualizza la dottoressa Revelli -. Oggi è importante reclutare donatori anche di origine non caucasica perché la società è diventata multietnica».
Il Covid non ha rallentato il lavoro di reclutamento dei donatori di sangue raro che, anche durante la pandemia, hanno dato un aiuto prezioso. «Il sangue dei donatori è stato utilizzato tantissimo per i pazienti dell’ospedale allestito alla Fiera: ognuno necessitava di circa quattro unità di sangue, e quindi ci sono stati momenti difficili per la maggiore richiesta e per il reclutamento dei donatori rari che dovevano essere negativi al tampone rapido».
Se ad oggi sono 370 gli antigeni eritrocitari individuati, raggruppati in 43 sistemi gruppi ematici (il più conosciuto è ABO con i fattori RH positivo e negativo, mentre altri meno noti sono MNS, P1PK, KEL, FY, JK, JR, LAN e VEL), il futuro sarà la sequenza genomica. «Siamo passati dalla sierologia alla biologia molecolare per arrivare alla sequenza. In questo modo ogni singolo paziente potrà essere tipizzato per l’intero genoma, questo è un grande passo».
Creare un network tra i centri trasfusionali italiani per far diventare la Banca del sangue raro una realtà nazionale è il prossimo obiettivo a cui sta lavorando il team della dottoressa Revelli. «Questo ci aiuterebbe tantissimo perché oggi non sappiamo se ci sono donatori estremamente rari in altre regioni e a volte siamo costretti a ricorrere ai centri internazionali. In questo modo invece saremo in grado di avere una banca dati completa con tutti i donatori rari italiani».
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