Il presidente dell’Ordine dei Medici di Benevento Ianniello condivide il pensiero dei ragazzi del liceo Rummo: «Un grido d’amore alla nostra professione». Gli studenti ringraziano medici e infermieri per il sacrificio e la tenacia: «Siete i genitori di questa piccola e dolorante Italia»
«Giornali, programmi televisivi e radiofonici vi definiscono eroi, ma molti di voi non si rivedono in questa parola. “Non c’è nulla di eroico nel proprio lavoro”, ci ripetete». Scrivono così in una lettera aperta i ragazzi del liceo scientifico “G. Rummo” di Benevento, rivolgendosi agli operatori sanitari che combattono ogni giorno il coronavirus. La lettera è apparsa sul sito della Federazione nazionale dei medici, chirurghi e odontoiatri (FNOMCeO), e condivisa dal presidente dell’Ordine di Benevento Giovanni Pietro Ianniello, che l’ha definita «un grido d’amore per la nostra professione».
«Questo mondo è fatto di pochi metri di separazione tra platea e palcoscenico – scrivono gli studenti, dedicando il primo pensiero all’Italia –. In un lampo, in un istante si accendono i riflettori, si avvolge frettolosamente il sipario e noi, da spettatori appartati, diveniamo delle volte protagonisti della tragedia. Quest’anno, la data magica del 20-20, tutti noi ci auguravamo avesse in serbo delle grandi sorprese. Per ora, la sorpresa è questa, destabilizzante e distruttiva. Un Paese, il nostro, a piangere troppe vittime, mentre vive la responsabilità di un primato europeo mai desiderato. Così, abbiamo d’improvviso imparato a riconoscere, nelle persone segnate dalle visiere protettive, una nuova sponda di salvezza. L’unica possibile per un’Italia bisognosa di umanità, prima di tutto. Voi, medici, infermieri, operatori sanitari. Abbiamo riposto le nostre speranze in voi, consapevoli di aver aumentato il carico sulle vostre spalle».
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Quegli operatori sanitari visti dagli studenti come punto di appoggio e risoluzione, pronti all’estremo sacrificio per il proprio lavoro. «Giorno dopo giorno – prosegue la lettera – siete voi a combattere un conflitto ben diverso da qualsiasi altro affrontato prima d’ora. Voi, soldati appagati dalla vittoria di un sorriso dei guariti. Non avete abbandonato nessuno di noi, mossi in avanscoperta da senso civico, da un giuramento sacrosanto a cui far fede, dalla passione di portare aiuto. Qualcuno potrebbe dire che questo è semplicemente il vostro lavoro, ma è evidente che non è solo una firma sul contratto a farvi andare avanti. In questo momento state affrontando moltissime difficoltà, una tra le tante è il dover guardare uomini morire costantemente, avvertendo il macigno dell’impotenza. Voi medici, infermieri e personale sanitario siete ormai i genitori di questa piccola e dolorante Italia, che cerca disperatamente di tornare alla normalità».
La riflessione si sposta poi sul sacrificio, quello di non vedere la famiglia per tanto tempo e di doversi dedicare anima e corpo al lavoro. «Spesso non tornate a casa – scrivono i ragazzi – sforate di molto i vostri turni lavorativi, continuate a lottare anche quando le gambe cedono, per dare speranza a coloro che, soli e impauriti, cercano un conforto dietro la visiera. Voi sapete bene quanto sarebbe più facile mollare, quanto pesi il non arrendersi. Voi vi armate di coraggio, dietro una mascherina che nasconde innanzitutto l’inquietudine che vi lacera. Perché a noi non arrivi l’urto. Voi tranquillizzate qualsiasi respiro che si spezza, nonostante abbiate l’anima a pezzi».Alla loro realtà, fatta di banchi e lezioni, anche i ragazzi hanno dovuto rinunciare trascorrendo il resto dell’anno scolastico in compagnia della didattica online. Il paragone parte sempre da quelle pagine di studio e torna poi a scontrarsi con la realtà: «Così, mentre studiamo le gesta dei grandi condottieri greci e romani, dei paladini medievali, dei noti leader del secolo scorso, ci rendiamo conto che i veri eroi possono essere parte delle nostre vite senza accorgercene, possono parlare con le labbra di chi ci augura il buongiorno e possono lavorare con le mani di chi ogni giorno prepara da mangiare ai propri figli»
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Un pensiero per chi, come loro, sta studiando: «Ai giovani medici e infermieri che proprio in questo periodo si sono trovati costretti a terminare prematuramente gli studi e l’apprendistato, e sono in prima linea a combattere il virus. Ragazzi costretti al grande salto prima del tempo, costretti in fretta ad uno stile di vita che non fa sconti».
Nella conclusione i ragazzi del liceo campano parlano di speranza, come unico obbligo per chi resta a casa, in ogni regione d’Italia con la stessa forza. «Sperare è l’unico obbligo che a noialtri resta. Desiderare e credere in tutta la passione, la dedizione e l’inventiva che riponete nel vostro lavoro, nonostante qui al Sud gli ospedali suppliscano con la buona volontà alle carenze di fondi. Anzi, siete corsi voi in aiuto del Nord. Ecco, se abbiamo ricevuto finalmente un Paese unito, l’uno per l’altro, il merito è vostro. Lascerete un’impronta indelebile non solo nel respiro, quanto soprattutto nel cuore di chi avete curato. Del resto, è ciò che fate durante questo periodo di difficoltà e per tutto l’anno».
La lettera si chiude con un augurio che più che altro sembra un grido di esultanza e un incoraggiamento verso loro stessi, perché questa emergenza segni in positivo le loro vite: «Che le generazioni future siano coraggiose quanto voi!».
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