Salute 21 Aprile 2021 11:33

Chemioterapia ‘ad alta temperatura’ in sala operatoria e radioterapia in sole tre sedute. Le nuove sperimentazioni dell’oncologia

Al Gemelli è stato eseguito con successo, su un uomo di 63 anni affetto da mesotelioma pleurico, un intervento di resezione chirurgica della pleura con successiva infusione locale di chemioterapico a 41°C. All’Istituto Tumori Regina Elena, oltre 140 pazienti con neoplasia della prostata sono stati trattati in sole 3 sedute di radioterapia

di Isabella Faggiano

Una combinazione di chirurgia e chemioterapia ipertermica intratoracica per trattare il mesotelioma. Sole tre sedute radioterapiche per la cura del tumore alla prostata. Sono queste due delle sperimentazioni in campo oncologico portate avanti in centri di eccellenza della Capitale: il primo al policlinico Gemelli, il secondo all’Istituto Tumori Regina Elena.

Il caso

L’HITHOC (Hyperthermic intrathoracic chemotherapy) è stato effettuato con successo su un uomo di 63 anni affetto da mesotelioma pleurico. L’intervento, eseguito in anestesia generale, è durato circa 6 ore: «Prima è stata effettuata la resezione chirurgica della pleura (pleurectomia e decorticazione) – spiega Filippo Lococo, professore associato di Chirurgia Toracica all’università Cattolica e Dirigente Medico della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS – e successivamente è stato infuso, nella cavità toracica del paziente, il farmaco chemioterapico ad alta temperatura (41°C)». Il 63enne è stato dimesso dopo pochi giorni, mostrandosi in buone condizioni ai successivi controlli, con una piena ripresa delle consuete abitudini di vita.

I benefici dell’HITHOC

«Grazie all’HITHOC – aggiunge Lococo, – è possibile coniugare l’operazione chirurgica del tumore all’utilizzo dei farmaci chemioterapici. La chemioterapia ad alta temperatura risulta più efficace e penetra nelle strutture che sono a stretto contatto, entrando in circolo solo in minima parte, limitando gli effetti collaterali che si verificherebbero con una normale chemioterapia. La HITHOC è concettualmente simile alla HIPEC (Hyperthermic IntyraPEritoneal Chemotherapy) utilizzata per il trattamento del mesotelioma peritoneale, carcinosi da tumore dello stomaco, del colon retto, dell’ovaio».

Una tecnica per pazienti selezionati

«È indicato per i pazienti che hanno un tumore primitivo della pleura, ovvero che origina dalla pleura stessa, come il mesotelioma, e in casi selezionati di tumore secondario della pleura, cioè quando le cellule tumorali originano da un altro organo per poi raggiungere la pleura».
Il mesotelioma pleurico è un tumore raro con circa 1.800 nuovi casi l’anno in Italia. Colpisce soprattutto i maschi ed è spesso associato a una lunga esposizione all’amianto o ad una predisposizione genetica. Solo il 5 per cento dei pazienti sopravvive a 5 anni, anche perché si tratta di una neoplasia difficile da diagnosticare. Quello del Policlinico Gemelli è l’unico centro che effettua la HITHOC in tutto il Centro-Sud Italia. La tecnica è molto più consolidata in Germania. «Questo tipo di intervento – sottolinea Lococo – permette di evitare tecniche molto invasive come l’asportazione oltre che della pleura, anche di tutto il polmone, il pericardio e il diaframma».

La radioterapia stereotassica, lo studio italiano

All’IRCCS Istituto Tumori Regina Elena (IRE) di Roma è in corso un trattamento sperimentale sulla radioterapia stereotassica, che permette di curare il tumore della prostata, la neoplasia più frequente tra gli uomini (36.074 sono i nuovi casi diagnosticati solo nel 2020), in sole tre sedute. «Gli effetti collaterali non sono stati superiori a quelli previsti e soprattutto – spiega Giuseppe Sanguineti, direttore della unità clinica di Radioterapia dell’Istituto – non sono più elevati di quelli derivanti dal trattamento tradizionale».

Rischi e benefici

«In una sola settimana, riusciamo ad ottenere gli stessi risultati, senza alcun incremento degli effetti collaterali, del trattamento radioterapico classico di 8 settimane. Per contenere gli effetti dannosi, in ciascun paziente, è stata posizionata della sostanza amorfa (idrogel), che si riassorbe entro tre mesi, tra prostata e il retto. Grazie a questo intervento preparatorio – aggiunge l’esperto – gli effetti collaterali osservati sull’intestino sono stati minimi».

La sperimentazione continua

«Questa radioterapia breve è utilizzata in pazienti con un tumore localizzato della prostata, allo stadio iniziale, situati in una classe di rischio basso o intermedio. Per loro – dice Sanguineti – l’alternativa potrebbe essere l’intervento chirurgico o un trattamento tradizionale di radioterapia più lungo». Ad oggi, l’arruolamento dei 150 pazienti necessario al completamento dello studio è quasi terminato. «Contemporaneamente stiamo portando avanti un’altra ricerca che utilizza uno schema in quattro sedute di radioterapia, che possono essere erogate senza il posizionamento del gel. L’obiettivo di questa sperimentazione è poter coinvolgere nel trattamento di radioterapia breve anche i pazienti con un tumore più aggressivo – conclude lo specialista – e non solo coloro che sono nella fase iniziale della malattia».

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