Il docente di Chirurgia Generale presso l’Università Tor Vergata di Roma chiede alle istituzioni di lavorare a una legge che possa tornare a rendere attraente la figura professionale del chirurgo. «Nel 2025 ci saranno 1500 professionisti in meno, istituzioni facciano qualcosa»
Il problema della carenza dei medici nei prossimi anni è un tema su cui da tempo associazioni, sindacati e professionisti stanno ponendo l’accento. C’è però una particolare categoria di medico, il chirurgo, che negli anni sta registrando una emorragia senza fine. Colpa dei turni massacranti, degli stipendi non all’altezza, dei contenziosi con i pazienti, sempre più frequenti. L’argomento è stato al centro del convegno “Diventare chirurgo generale oggi: una scelta difficile” alla Sala dell’Istituto di Santa Maria in Aquiro del Senato, che ha visto la presenza di autorevoli esponenti del mondo medico e della maggioranza di governo, come Pierpaolo Sileri, Presidente Commissione Sanità del Senato, Fabio Massimo Castaldo, vicepresidente del Parlamento Europeo, e Lorenzo Fioramonti, viceministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Tra i promotori Giuseppe Petrella, oncologo e docente di Chirurgia Generale presso l’Università Tor Vergata di Roma, che ha voluto anche sottolineare il problema dei tanti camici bianchi che scelgono di andare all’estero: «La maggior parte dei chirurghi che noi formiamo e che lo Stato italiano paga – sottolinea Petrella a Sanità Informazione – costa oltre 300mila euro e poi va all’estero. Noi regaliamo ai paesi esteri un capitale di conoscenza su cui abbiamo investito. Questa è una problematica molto importante che dovremo analizzare».
A pesare il blocco del turnover e problemi che rendono questa professione in Italia sempre meno attraente, come le molte denunce di cui sono vittime: sei chirurghi dieci nel corso della loro vita andranno incontro a un procedimento giudiziario e le pubblicità che incitano a denunciarli veicolano un messaggio pericoloso. Petrella è stato uno dei primi firmatari della petizione “Basta odio contro i medici” lanciata dal network legale Consulcesi per l’istituzione di una camera di compensazione che possa far diminuire il contenzioso medici-pazienti.
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Professor Petrella, il tema del convegno è la chirurgia e la scelta da parte degli specializzandi della specializzazione chirurgica che purtroppo è una scelta che si fa sempre di meno. Quali sono i motivi alla base di questo e cosa si può fare?
«Ci sono delle problematiche estremamente importanti. Una di queste è il contenzioso giudiziario che purtroppo impedisce a molti chirurghi di effettuare degli interventi difficili. Ogni chirurgo si chiede: mi conviene farlo? E se prendo una denuncia? Oppure mi conviene non farlo? Poi c’è indubbiamente il problema dell’occupazione perché oggi trovare un posto nel Sistema sanitario nazionale è estremamente difficile. D’altra parte c’è la fuga dei cervelli perché la maggior parte dei chirurghi che noi formiamo e che lo Stato italiano paga costa oltre 300mila euro e poi va all’estero. Noi regaliamo ai paesi esteri un capitale di conoscenza su cui abbiamo investito. Perché qui si guadagna poco e gli specializzandi preferiscono andare fuori. Questa è una problematica molto importante che dovremo analizzare. Questo è il tema del convegno: abbiamo chiamato le autorità istituzionali che oggi governano il nostro Paese, il presidente della Commissione Sanità Pierpaolo Sileri, il viceministro Lorenzo Fioramonti, il vicepresidente del Parlamento europeo Fabio Massimo castaldo proprio perché insieme a loro vorremmo aprire un tavolo di discussione che ci consenta poi di poter fare qualcosa a livello legislativo che possa far superare queste emergenze. È stato calcolato che nei prossimi anni, nel 2025, per noi è domani, ci saranno 1500 chirurghi in meno e, tra tutti gli specialisti, mancheranno 10mila camici bianchi. Io penso che un governo si dovrebbe interessare di queste cose per la salute dei cittadini».
A proposito del tema dei risarcimenti, c’è una petizione online che ha raccolto migliaia di adesioni per creare una camera di compensazione che serve a ridurre quel contenzioso che poi spesso si conclude in un nulla di fatto ma che costringe i medici alla medicina difensiva. Cosa ne pensa?
«Io sono stato uno dei primi firmatari di questa petizione che ha fatto la Consulcesi. Ci avrebbero dovuto pensare i chirurghi, fortunatamente ci ha pensato qualcun altro. Indubbiamente con questo sistema il chirurgo viene solamente schiacciato. Io penso che invece ci sia bisogno di una camera di compensazione e ci auguriamo di poter ottenere un disegno di legge che porti a questo».