In Italia nel settore privato chiunque sia anche solo laureato in Medicina può eseguire interventi di chirurgia plastica, anche senza specializzazione. D’Andrea: «Casi in aumento. Prima di sottoporsi ad un intervento necessario controllare se il professionista è adeguatamente formato o se millanta»
Circa il 30% delle persone che si sottopongono ad un intervento di chirurgia estetica ha delle complicanze. Gran parte di questa percentuale dipende dall’operato di finti specialisti, i quali non hanno la preparazione adeguata ad eseguire questo tipo di operazione e rischiano di creare seri danni alle persone che vi si sottopongono. Spesso questi pazienti sono dunque costretti a subire un ulteriore intervento chirurgico correttivo. Il problema è che in Italia, nel settore privato, chiunque sia laureato in Medicina può effettuare operazioni di medicina e chirurgia estetica, anche se non ha frequentato e concluso il relativo percorso formativo specialistico. Nel settore pubblico questa possibilità non esiste. Francesco D’Andrea, presidente della Società italiana chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica (Sicpre), conferma: «I casi di danni provocati da chi si qualifica come specialista nel settore, senza averne le competenze, sono in pauroso aumento. Frequenti sono le donne che si sono sottoposte, ad esempio, ad aumento delle labbra con filler con un risultato deformante legato all’uso di un prodotto vietato come il silicone liquido, ancora proposto da medici senza scrupoli e attenti solo all’aspetto commerciale, dimenticando che noi non vendiamo prodotti ma eseguiamo prestazioni mediche a tutti gli effetti».
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Presidente D’Andrea, siamo di fronte ad una situazione di palese illegalità?
«Non è proprio così. Combattiamo da tanto tempo questa pratica ma non possiamo parlare di vero e proprio abuso. In Italia non c’è una legge che norma questo tipo di attività. Nel senso che un medico chirurgo può fare tutto tranne che l’anestesista e il radiologo. Il problema è però che, mentre nessuno si cimenta nelle altre discipline senza avere la relativa specializzazione, nella chirurgia estetica ci si buttano un po’ tutti, forse attratti dai guadagni, senza avere una competenza specifica. Ciò che denuncio è dunque il fatto che esiste un fenomeno legato ad una enorme improvvisazione che, a sua volta, è la diretta conseguenza della mancanza di norme che tutelano, di fatto, la salute del cittadino».
Quindi il problema fondamentale è che questi interventi chirurgici vengono eseguiti da un personale medico ma non formato per farli?
«Esatto, è questo il punto cruciale. La mia richiesta, come specialista della materia, docente universitario e presidente di Sicpre è quella di normare questa attività proprio per tutelare il cittadino, non il medico. Perché alla fine chi si fa male è il paziente. Se le persone si affidano ad una persona che, magari, è brava a sponsorizzarsi sui social, ma che a livello di competenze ne ha di meno rispetto ad uno specialista, alla fine i danni ricadono su tutti. Sulla categoria ma anche sui cittadini».
La persona che si affida ad un professionista che non ha la formazione adeguata per eseguire un intervento chirurgico estetico, lo sa oppure ne è all’oscuro?
«Non lo sa. Sul tema purtroppo c’è molta disinformazione. Il punto è che la legge giusta esiste già. Se un professionista vuole fare, per dire, il chirurgo plastico, oppure l’otorino o il maxillofacciale, per entrare nel Servizio sanitario nazionale deve superare un concorso che, tra i requisiti base, ha proprio la specializzazione in quelle specifiche attività. Nell’ambito privato, invece, questo non c’è. Per questo dico che basterebbe prendere come modello quello che è un regolamento che esiste già per il Ssn e applicarlo nel settore privato. Ripeto, a tutela del cittadino, perché poi quando questi si opera e subisce un danno, alla fine a chi si rivolge per un intervento correttivo? Al pubblico. E chi paga il suo intervento? Tutti noi. Quindi da un lato serve una informazione corretta, dall’altro anche un controllo della pubblicità di questi soggetti sui social e sui media. Chiunque può aprire un sito web e millantare di essere un chirurgo estetico, di avere esperienze formative all’estero, eccetera. Teoricamente i mezzi di controllo ci sarebbero già, ma nessuno fa niente».
Quindi qualunque chirurgo può fare chirurgia estetica?
«Oggi in Italia il sistema formativo di un medico funziona così: prima la laurea in Medicina e Chirurgia e poi, eventualmente, la specializzazione nella specifica materia che il medico sceglie. Noi abbiamo una specializzazione di cinque anni che si chiama “Chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica”. Ciò significa che vengono formate persone specificatamente per fare il chirurgo plastico ricostruttivo ed estetico. Queste persone, dunque, hanno pieno titolo per esercitare l’attività estetica. Chi invece si laurea in Medicina e frequenta un altro corso di specializzazione, ad esempio in gastroenterologia, oppure non si specializza affatto, può svolgere l’attività di chirurgo estetico. È allucinante. Allora noi vorremmo sensibilizzare non solo l’opinione pubblica, perché non sono tanti quelli che capiscono l’importanza di rivolgersi ad uno specialista, ad un professionista formato, ma anche le istituzioni, le quali sono chiamate a tutelare il cittadino. L’idea è dunque quella di organizzare incontri con i media, i politici, insomma tutti, per sensibilizzare quanta più gente possibile sull’argomento».
Che consiglio può dare a chi vuole sottoporsi ad un intervento chirurgico estetico per riuscire ad affidarsi al professionista giusto?
«Spesso l’informazione arriva via internet o con il passaparola, quindi la prima cosa da fare è chiedere al professionista stesso se è specializzato oppure no. Per una maggiore sicurezza possono rivolgersi alla Sicpre, che al suo interno raccoglie solo ed esclusivamente specialisti. Anche gli Ordini possono essere d’aiuto, in quanto anche loro hanno l’elenco degli specializzati in chirurgia estetica. Questo è già un passo importante da fare, perché rivolgersi ad uno specialista significa avere una garanzia in più sul successo dell’intervento».
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