A 20 anni dai primi prototipi, la diffusione, in Italia, è a macchia di leopardo. Il Gemelli e il Sant’Orsola hanno ideato una piattaforma di chirurgica robotica condivisa per indagare gli aspetti organizzativi ed economici ed offrire formazione innovativa alle nuove generazioni
Immaginiamo un chirurgo dotato di quattro braccia e quattro mani, con articolazioni che replicano e superano i movimenti del polso umano. Dotato di una super vista, ingrandita e tridimensionale. Se la figura che ci è venuta in mente è quella di un medico dai poteri soprannaturali, protagonista di un romanzo di fantascienza, non siamo sulla strada giusta. Quello appena descritto è uno dei tanti chirurghi che, quotidianamente, utilizza sistemi di robotica in sala operatoria. Strumenti di ultima generazione che, associati ad altri dispositivi di intelligenza artificiale, sono in grado di garantire una precisione estrema, con una possibilità di errore prossima allo zero. Il chirurgo che utilizza questi sistemi di robotica può starsene comodamente seduto, sopportando meglio anche gli interventi più estenuanti, che possono durare pure oltre le 12 ore.
La diffusione della robotica in sala operatoria, a 20 anni dai primi prototipi, non è ancora capillare su tutto il territorio nazionale. Tra le principali motivazioni vi è l’assenza di studi scientifici che ne certifichino la validità, giustificandone gli eventuali investimenti necessari alla loro diffusione. Ed è proprio per incrementare la letteratura scientifica in materia che la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e il Policlinico di Sant’Orsola IRCCS hanno ideato una piattaforma chirurgica robotica condivisa. Il progetto può contare sull’esperienza di due eccellenze italiane che possono vantare duemila interventi all’anno di alta chirurgia robotica, 4 robot già attivi a supporto di 5 specialità (urologia, ginecologia, chirurgia generale e dei trapianti, otorinolaringoiatria, chirurgia toracica) ed oltre 6 milioni di euro di investimenti previsti per nuove apparecchiature.
«Creare evidenze scientifiche solide sull’utilizzo di queste tecnologie, indagare gli aspetti organizzativi ed economici, offrire una piattaforma formativa innovativa per le nuove generazioni di chirurghi sono i tre scopi principali del progetto – spiega Giovanni Arcuri, a capo della direzione tecnica ed innovazione tecnologie sanitarie del Gemelli di Roma –. Inoltre, grazie alla collaborazione con l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), contribuiremo all’individuazione di soluzioni tecniche che rendano la piattaforma sempre più performante. Questo approccio e questa sinergia rappresentano concretamente la via migliore per coniugare offerta sanitaria di eccellenza e sostenibilità economica», aggiunge l’ingegnere.
A distanza di due decenni dalla sua introduzione la chirurgia robotica ha fatto passi da gigante, tanto che sono sempre di più le aziende sanitarie che vi si indirizzano. «La chirurgia robotica consente, se utilizzata correttamente – sottolinea Arcuri – di ridurre significativamente la necessità di interventi chirurgici di revisione, garantisce tassi di infezione inferiori, minore invasività, maggiore precisione e durata ridotta del ricovero. Tuttavia, le esperienze sono molto parcellizzate sul territorio nazionale e legate alla sensibilità di singoli chirurghi. Motivo per cui è nata l’esigenza di sviluppare criteri di utilizzo condivisi, individuando modelli innovativi di gestione applicabili a qualsiasi azienda sanitaria interessata a costruire un progetto strutturato».
Dal piano di lavoro emerge anche la necessità di un aggiornamento continuo delle competenze dei chirurghi. «Sant’Orsola e Gemelli – continua Vecchio – dovranno trasmettere l’uno all’altro le proprie competenze. Inoltre, andranno condivise le piattaforme di addestramento: il policlinico della Capitale mette a disposizione il Training Center dove effettuare le simulazioni chirurgiche e il Sant’Orsola il Cadaver Lab dell’Università degli Studi di Bologna. Ancora, sarà promossa la pubblicazione di best practices, linee guida, modelli organizzativi e indicatori di performance».
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