Gli scienziati hanno esaminato i benefici della clownterapia per i bambini con polmonite, una delle principali cause di ospedalizzazione nei bambini a livello globale
Che ridere faccia bene alla salute è un dato di fatto: ognuno ne può personalmente sperimentare i benefici nei momenti di particolare gioia e felicità. Ma ridere, o anche semplicemente sorridere, può avere l’effetto di una vera e propria cura per chi è ricoverato in un ospedale. Lo suggerisce uno studio presentato al Congresso della Società Europea di Pneumologia (ERS) a Vienna, secondo cui la presenza dei clown-dottori in reparto riduce i tempi di degenza. In particolare, gli scienziati hanno esaminato i benefici per i bambini con polmonite, una delle principali cause di ospedalizzazione nei più piccoli a livello globale. Un naso rosso, un camice tutto colorato e l’allegria di un clown che si aggira per i letti di pediatria possono essere, dunque, parte della cura, con un contributo non indifferente all’esito stesso della degenza. Ma non è tutto: lo studio mostra come la “terapia del sorriso” permetta di ridurre anche la durata dell’uso di antibiotici per via endovenosa.
Lo studio, condotto da Karin Yaacoby-Bianu del Carmel Medical Center e dell’Israel Institute of Technology di Haifa, ha coinvolto 51 bambini di età compresa tra i due e i 18 anni, tutti ricoverati per polmonite. Un gruppo ha ricevuto solo le cure standard, l’altro anche una visita di 15 minuti da parte di un clown-dottrore due volte al giorno durante le prime 48 ore di ricovero. I clown hanno usato musica, canto e immaginazione guidata. Hanno anche incoraggiato i bambini a mangiare e bere autonomamente. I ricercatori hanno scoperto che il gruppo visitato dal clown-dottore aveva una degenza ospedaliera più breve (43,5 ore in media contro 70 ore) e necessitava di soli due giorni di trattamento antibiotico endovenoso, rispetto ai tre giorni del gruppo di controllo. Inoltre, si è registrata anche una significativa diminuzione della frequenza respiratoria, della frequenza cardiaca e dei marker infiammatori. “Anche se la pratica dei clown-dottori non è un’interazione standardizzata, crediamo che aiuti a ridurre lo stress e l’ansia, migliorando l’adattamento psicologico all’ambiente ospedaliero – spiega Yaacoby-Bianu – e che consenta ai pazienti di partecipare meglio ai piani di trattamento, come l’aderenza agli antibiotici orali e ai fluidi. Questo a sua volta aiuta i bambini a riprendersi più velocemente. Ridere può anche avere benefici fisiologici diretti, come la riduzione di frequenza respiratoria e cardiaca, la modulazione degli ormoni e il miglioramento della funzione immunitaria”.
Nella cura del paziente pediatrico, che coinvolge inevitabilmente tutta la famiglia, le attività di gioco e distrazione sono un aiuto cruciale per far fronte alla malattia e al trauma e rientrano proprio in uno dei quattro pilastri della cura stessa, ovvero l’accoglienza, spiega Lucia Celesti, responsabile Unità Operativa Complessa Urp e Accoglienza Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. I piccoli pazienti possono beneficiare non solo dei clown-dottori ma anche di attività ludiche come l’arte-terapia, disegno e la musicoterapia. La clown terapia è importante per esempio nella sala prelievi o nel pre-operatorio per accompagnare il bambino e i genitori in sala operatoria con animo tranquillo e rilassato, ma anche nella riabilitazione o neuro-riabilitazione che vengono ampiamente semplificate se svolte con attività di gioco. “Giocare è una cosa seria in un ospedale pediatrico – afferma l’esperta – perché aiuta nella riduzione della tensione e a far fronte a diverse patologie. Anche nel nostro ospedale sono stati prodotti lavori scientifici ad esempio misurando frequenze respiratoria e cardiaca del bambino sottoposto a trattamenti medici durante la musicoterapia”. È stato dimostrato, ad esempio, che l’utilizzo dei sistemi di distrazione riduce la necessità di sedazione del bambino prima di un esame complesso come una risonanza, con tutto ciò che questo comporta in termini di durata dell’esame. “Non a caso – conclude Celesti -, la gestione del dolore in ospedale viene affrontata non solo con farmaci ma anche, appunto, con tecniche di distrazione”.
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