Nel Lazio solo 1 paziente su 2 ha avuto indicazioni cliniche sulle modalità di prepararsi all’esame colonscopico dal personale del servizio endoscopico. Lo rivela un report di Cittadinanzattiva Lazio. «Dobbiamo lavorare per aumentare il livello della qualità della formazione ECM rivolta a tutti gli operatori, compresi i medici di medicina generale», commenta Alessio D’Amato, assessore regionale alla Sanità
Nel Lazio solo 1 paziente su 2 ha avuto indicazioni cliniche sulle modalità di prepararsi alla colonscopia dal personale del servizio endoscopico. Questo contrasta con quanto affermato dagli operatori sanitari e dai centri screening, e cioè che debba essere il personale, adeguatamente formato, a dare informazioni chiare al paziente sulle modalità della procedura. Sono questi alcuni tra i primi elementi di riflessione emergenti dal Rapporto di Cittadinanzattiva Lazio realizzato con il contributo non condizionato di Norgine.
«Il tema delle informazioni è una questione seria», commenta Alessio D’Amato, assessore regionale alla Sanità. «Dobbiamo lavorare per aumentare il livello della qualità della formazione ECM rivolta a tutti gli operatori, compresi i medici di medicina generale. Allo stesso tempo – continua – è necessario costruire un’alleanza con tutte le associazioni di utenti. Nel Lazio abbiamo una piattaforma a disposizione dove ci sono tutte le informazioni che riguardano la prevenzione. Abbiamo cercato anche di agevolare la presa in carico perché ci si può prenotare direttamente con la tessera sanitaria sul sito SaluteLazio. Questo ci ha portato all’aumento del numero di inviti e delle adesioni».
Dal report emerge che il 23% delle persone che ricevono esito positivo dal test fit, quello della ricerca del sangue occulto, non siano adeguatamente informate sulla necessità di eseguire l’approfondimento diagnostico. Il 30,2% del personale sanitario dei reparti endoscopici non ha svolto corsi di formazione o di aggiornamento in merito alla prevenzione del cancro al colonretto. I pazienti sono poco informati sulla colonscopia nel 6% dei casi, sufficientemente nel 54,7 e molto nel 34%. «Poiché questo è un aspetto fondamentale, anche per ammissione del personale sanitario coinvolto, è necessario che l’informazione stessa sia correttamente implementata da parte dell’azienda sanitaria», si legge nel report. «Anche il personale sanitario è a conoscenza di quali siano gli standard delle procedure endoscopiche, ma non tutte le ASL hanno messo in atto procedure per la valutazione del servizio endoscopico (58,8% SI 29,4% NO)», aggiunge.
Quello che scoraggia maggiormente i pazienti a fare l’esame è la preparazione alla colonscopia (54,5%). L’assunzione del lassativo in preparazione dell’esame ha interferito (poco 41%, sufficientemente, 48,4% molto 10,5%) sulla qualità di vita. Sulle iniziative che possono migliorare l’adesione all’esame anche prevale un colloquio diretto con lo specialista piuttosto che con il medico di famiglia. «Alla luce di queste informazioni riteniamo che si possano delineare alcune azioni specifiche con un obiettivo generale da raggiungere in modo coordinato con tutte le competenze, professionalità e livelli istituzionali, civici e delle associazioni dei pazienti», commenta Elio Rosati, segretario regionale di Cittadinanzattiva Lazio. «Riteniamo infatti che l’obiettivo generale debba essere la costruzione di una Carta della qualità per lo screening del colon retto nel Lazio. Tale strumento – continua – dovrà vedere la partecipazione, collaborazione e azione dei diversi soggetti che operano nel settore (società scientifiche, clinici, operatori sanitari), delle organizzazioni civiche e delle associazioni dei pazienti, delle istituzioni regionali e delle ASL e AO».
«Dobbiamo lavorare insieme per migliorare anche l’appropriatezza degli esami – dice D’Amato – per non gravare sulle liste d’attesa tutelando così il lavoro di tanti medici e operatori sanitari. In questo discorso si inserisce perfettamente la costruzione della Carta di Qualità, strumento fondamentale insieme alla tecnologia per continuare ad alzare gli standard qualitativi delle prestazioni offerte e che auspichiamo venga promossa attraverso una grande campagna di comunicazione tra i cittadini del Lazio. Partendo dunque dall’ulteriore rafforzamento della rete sociosanitaria, che proprio nel corso della pandemia ha dimostrato la sua efficacia, e dagli investimenti su tecnologie, strumentazioni e personale che grazie al Pnrr saranno messi in campo, è imprescindibile la centralità del Fascicolo Sanitario, con tutte le informazioni in esso contenute accessibili ai medici di medicina generale e ai professionisti e con l’inserimento di esami e diagnosi svolti in forma privata. Questo consentirà al Fascicolo Sanitario di fare un importante salto di qualità».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato