Parole d’ordine: digitale e decentralizzazione. Il virus ha portato la ricerca oltre i propri limiti e ha mostrato quanto veloce si può lavorare e in maniera produttiva
L’industria farmaceutica è stata tra le più impattate dai due anni di pandemia di Covid-19. La ricerca ha dovuto trovare nuovi metodi per accelerare le proprie conclusioni e la produzione nuovi sistemi per aumentare i propri risultati. Ne parla bene il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi, che tira le fila di tutti i cambiamenti che hanno trasformato la ricerca, tra vaccini, nuovi farmaci e anticorpi monoclonali.
«La ricerca – spiega – era già cambiata molto tempo fa. Abbiamo superato il modello chiuso, che noi chiamavamo “closed innovation” perché la facevamo all’interno dei nostri laboratori. Una metodologia che è stata produttiva per tanti anni e poi non ha più prodotto, perché le grosse patologie erano già soddisfatte, quindi siamo andati verso un modello aperto di collaborazione, di partnership con varie istituzioni pubblico-privato, privato-privato, con le start-up e questo ha dato una produttività straordinaria».
Una nuova linea dunque, sulla quale si sono poi riprodotte tutte le richieste che un virus nuovo e sconosciuto ha immesso nel sistema. Test clinici rapidi ed efficaci su numeri di persone molto alti e in grado di produrre dati puliti, prima di tutto. «Il Covid ha accelerato tutto questo e ci ha portato nella decentralizzazione dei clinical trial. Per anni lo chiedevamo e si diceva sempre che non si poteva fare, il Covid ha consentito anche di fare ricerca attraverso alcuni momenti fatti da remoto. Perché no, se tutto questo velocizza – prosegue Scaccabarozzi -? La ricerca ci sta insegnando che sono importanti due cose: il risultato, come sempre, ma soprattutto la velocità di realizzazione. Quindi tutto quello che è il digitale, la decentralizzazione e tutto quello che è stato straordinario durante la fase di Covid io mi auguro che diventi ordinario. Se lo diventerà io credo che la ricerca sarà ancora più produttiva».
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