Salute 28 Settembre 2022 09:52

Come fare addormentare un neonato in 13 minuti

Cinque minuti in braccio camminando a passo lento e otto seduti: è questa la ricetta svelata dai ricercatori giapponesi. A commentare lo studio, a Sanità Informazione, il neurologo Giuseppe Plazzi: «È il distacco il cuore del problema e la fretta il nemico numero uno»

Cinque minuti in braccio camminando a passo letto e otto seduti. Così, in tredici minuti, anche il più “monello” dei neonati dovrebbe lasciarsi andare alla stretta di Morfeo. Ad assicurarlo un team di scienziati giapponesi che, guidati da Led by Kumi Kuroda, ha cercato l’antidoto all’insonnia dei più piccoli. «È il distacco il cuore del problema – spiega Giuseppe Plazzi, neurologo, responsabile dei Laboratori per lo studio e la cura dei disturbi del sonno al dipartimento di Scienze biomediche e neuromotorie dell’università di Bologna e past president dell’Associazione Italiana Medicina del Sonno (AIMS), affiliata alla Società Italiana di Neurologia (Sin) -. Il passaggio dalle braccia materne alla culla è uno dei primi traumi che può compromettere il riposo e, soprattutto, la continuità del sonno del bambino».

Lo studio giapponese

È la fretta il nemico numero uno. «Il distacco deve essere sempre lento e graduale», consiglia il neurologo. Anche i movimenti che precedono il sonno possono influenzare, in modo positivo o negativo, il successivo riposo. Lo studio giapponese, pubblicato su Current Biology, ci insegna che i bambini che piangono possano essere condizionati dalle diverse tipologie di movimenti, come la passeggiata di chi li tiene tra le braccia, l’oscillazione di un lettino a dondolo o la staticità di una culla classica. Gli scienziati hanno testato le reazioni dei neonati ai diversi stimoli, sia visivamente, attraverso delle telecamere installate nei vari contesti, che con elettrocardiogramma. Nel primo caso, a contatto con il corpo materno e cullati dai passi, i bambini hanno smesso di piangere e il battito cardiaco è tornato in un range di normalità in circa 30 secondi. Analogo effetto è scaturito dal dondolo, salvo che il piccolo sia passato repentinamente dalle braccia materne alla culletta oscillante. Per questo è importante che prima di abbondare l’abbraccio della madre i bambini passino da una condizione di movimento, come la camminata, ad una statica, come l’essere seduti su una sedia. «Se un bambino viene poggiato nella culla subito dopo aver passeggiato in braccio alla madre, senza passare da una fase intermedia, è molto probabile che si risveglierà appena entrerà in contatto con le lenzuola della culla», commenta Plazzi.

Anche il luogo favorisce il buon riposo

Non tutti i luoghi favoriscono il buon sonno. «È importante che il neonato sia abituato a dormire in un posto silenzioso, non esposto a luce eccessiva e con temperatura controllata. Farlo riposare sempre in luoghi rumorosi, o comunque inadatti alla conciliazione del riposo, può essere la conseguenza di un sonno abitualmente disturbato».
Il sonno di un bambino appena nato è molto diverso da quello di una persona adulta, ma anche di un bimbo 4-5 anni più grande. «Il riposo è caratterizzato da diverse fasi, alcune delle quali più sensibili al risveglio. Un neonato, che trascorre il 90% della sua giornata dormento, ha un sonno dal ritmo polifasico e, pertanto, può alternare brevi riposini, anche di pochi minuti, a sonnellini più lunghi che durano fino a qualche ora, senza una regola ben precisa – dice lo specialista -. Durante i momenti di veglia è del tutto fisiologico che cerchi il contatto materno».

Il sonno cambia con l’età

Ma niente paura, il ritmo polifasico non dura in eterno. «Di solito, già dagli otto mesi di vita, è possibile osservare una maggiore regolarità nel sonno che, normalmente è suddiviso in un riposino pomeridiano anche di un paio d’ore ed in uno notturno decisamente più lungo. Queste abitudini, normalmente, subiscono delle variazioni intorno al terzo-quarto anno di vita, momento in cui i ritmi di sonno dei bambini sono molto più simili a quelli dell’età adulta». Ovviamente, con le dovute eccezioni. E proprio come può accadere ad un uomo o una donna, anche un bambino può manifestare disturbi del sonno, dalle parasonnie, al pavor nocturnus (o terrore notturno) fino al sonnambulismo. «In questi casi non esistono rimedi specifici – dice il neurologo -. Ma è necessario che si intervenga con delle precauzioni per mettere in sicurezza il bambino durante la notte. Di consueto, queste manifestazioni scompaiono con l’età, ma – conclude Plazzi – la familiarità (ovvero la consapevolezza che uno dei due genitori ne abbia sofferto da piccolo), è un importante campanello d’allarme da non trascurare».

 

 

 

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