Gianluca Castelnuovo (Direttore del Laboratorio di ricerche di psicologia clinica dell’Auxologico Italiano IRCCS) «Filtrare le notizie sui social e mettere a tacere il senso di impotenza con azioni di solidarietà. Questi i pilastri intorno a cui costruire il proprio bagaglio emotivo per far fronte alla destabilizzazione psicologica, che suscita la guerra Russo Ucraina negli italiani».
Senso di incredulità e destabilizzazione psicologica, sono questi gli effetti che la guerra tra Russia e Ucraina sta generando sugli italiani. In particolare, sembrano essere i giovani i più colpiti dopo due anni di pandemia e lockdown ad intermittenza, devono ora confrontarsi con un nuovo pericolo che fa vacillare le loro certezze e pone molti quesiti sul futuro. Come gestire allora ansia e paura da guerra? La risposta arriva dal centro di psicologia dell’Istituto Auxologico di Milano diretto dal professor Gianluca Castelnuovo che ha stilato una sorta di vademecum per sopravvivere ai timori che suscita il conflitto.
«Sono i giovani ad essere più a rischio – spiega Gianluca Castelnuovo, psicologo, specialista in psicoterapia e professore ordinario di Psicologia Clinica presso l’Università Cattolica di Milano –, si sono trovati a vivere una sorta di tempesta perfetta, somma di più fattori che hanno portato a togliere sicurezze e certezze. La crescita sana ed equilibrata per i nostri ragazzi in una famiglia che cura, dà risposte alle loro domande, in un ambiente dove possono divertirsi, studiare, fare sport, dopo essere stato messo a dura prova dal Covid, ha impattato in un’altra situazione di vulnerabilità rappresentata dalla guerra».
Lo scontro russo-ucraino ha spazzato via anche la convinzione secondo cui, dopo l’esperienza drammatica della Seconda guerra mondiale, i conflitti si sarebbero risolti con negoziazioni diplomatiche. «Un errore di valutazione che oggi ha delle conseguenze sulla psiche degli italiani – ammette il direttore del centro di ricerche di Psicologia Clinica dell’Istituto Auxologico Italiano che ha riscontrato negli ultimi mesi un incremento di casi di ansia e depressione del 30,40% -. Sui traumi da Covid rimasti, che hanno generato un’onda lunga che stiamo ancora curando, si è innescata la paura della guerra. il messaggio che arriva ai ragazzi, ma anche agli adulti, è che sia in atto un conflitto che potrebbe espandersi e che, con il nucleare, potrebbe pure degenerare coinvolgendo aree molto più vaste».
Per gestire l’ansia da guerra il responsabile del servizio di psicologia clinica dell’Istituto Auxologico suggerisce innanzitutto di dosare e filtrare le informazioni che tutti i giorni provengono dal fronte. «Il consiglio che posso dare nelle persone che si sentono congelate e che vivono un senso di frustrazione nel non vedere alcun miglioramento nel conflitto – dice Castelnuovo -, è di limitare l’accesso ai media a pochi momenti di aggiornamento, massimo tre o quattro al giorno, e di rivolgere l’interesse verso altre informazioni, dando maggior spazio alle good news per evitare un alone di catastrofismo legato alla guerra, alla crisi economica e al Covid».
Una lettura dunque più distaccata, il che non significa evadere dalla realtà, ma imparare a dosare e filtrare le informazioni che arrivano, in particolare dal mondo dei social network dove tutto sembra essere amplificato. «Il rischio concreto è di pensare che non c’è più speranza, invece proprio in questo momento si stanno facendo grandi cose e questo pensiero positivo deve trovare spazio».
Evitare dunque di farsi sopraffare dalle notizie negative, ma non solo, Castiglione spiega anche come mettere a tacere il senso di colpa. «Soldi, tempo e ospitalità rappresentano la miglior terapia per scaricare la tensione. Il passaggio all’azione rimane nella memoria, abbatte l’ansia e anestetizza la paura. Di fronte alla sensazione di impotenza, soprattutto in relazione alle condizioni di sofferenza dei profughi, è importante perciò abbandonare un atteggiamento di immobilismo emotivo per passare a una praticità che si basa su un semplice principio: “Cosa posso fare io di concreto in questa situazione senza pretendere di essere il salvatore del mondo?” – sottolinea il direttore del centro di psicologia dell’Istituto Auxologico -. Un aiuto economico, la disponibilità di ospitare profughi quando arriveranno nelle nostre città, le azioni di supporto alle associazioni di volontariato: questi sono tutti gesti in cui l’aiuto si può esprimere in maniera concreta, dando la sensazione di aver messo un tassello nel grande puzzle della solidarietà».
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