Salute 22 Maggio 2020 17:49

Conferenza Iss: «Rt sotto 1 in tutta Italia ma in aumento quota asintomatici. Vaccino non prima della primavera 2021»

Brusaferro: «Spostamenti tra regioni non possono essere basati su Rt». Speranza: «Dati molto incoraggianti, ma guai a pensare che la partita sia vinta». Magrini (Aifa): «Con Remdesivir mortalità da 11% a 8%, su idrossiclorochina i dati non sono promettenti»

Conferenza Iss: «Rt sotto 1 in tutta Italia ma in aumento quota asintomatici. Vaccino non prima della primavera 2021»

La curva epidemica è «chiaramente in calo». Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), ha aperto così la conferenza stampa di questa mattina. Il profilo delle persone più colpite dall’infezione rispetta gli standard settati in precedenza: principalmente anziani e donne. «Tanto più andremo verso un numero di casi limitato – ha precisato – tanto più la segnalazione dei casi diventerà sensibile per intercettare precocemente scostamenti, e questo è veramente un bene».

«Sta crescendo – ha proseguito – la quota degli asintomatici o dei paucisintomatici. Questo perché le regioni si stanno orientando verso l’aumento dei tamponi e verso il contact tracing e questo garantisce la diagnosi di nuovi casi soprattutto asintomatici. È un segnale di come il Servizio sanitario nazionale in tutte le sue articolazioni riesca a intercettarli».

È un’Italia a velocità diverse quella che i dati fotografano, con regioni che da giorni non hanno decessi e pochissimi casi e altre che hanno ancora numeri alti. I dati, tuttavia, confermano un calo anche nel trend lombardo che Brusaferro ha definito «netto e positivo». «Le nostre misure hanno funzionato – ha specificato il presidente dell’Iss – sia dove il virus ha circolato di più sia dove ha circolato di meno e dove oggi si hanno casi molto limitati».

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L’indice di contagio Rt oscilla a seconda delle aree, ma in tutte le regioni è sotto quota 1, a eccezione della Valle D’Aosta (1,06). Un caso che non preoccupa in quanto la circolazione del virus è molto bassa. «Non è un valore su cui si può basare la decisione sullo spostamento fra Regioni – ha tenuto a specificare Brusaferro –. Serve piuttosto per capire la capacità del sistema di controllare gli scostamenti della curva epidemica». Come per esempio in Umbria e Molise, dove dei «piccoli picchi» sono subito rientrati, entrambi legati a eventi singoli e pertanto subito isolati.

«Non è una pagella, non è un giudizio – ha concluso Brusaferro –. Mi spiace leggere interpretazioni con promossi e bocciati. Non è questo il tema. Questo è un sistema di attenzione, che aiuta il livello locale a intervenire rapidamente». Tutto questo, ha spiegato, serve «per continuare a garantirci quei gradi di libertà faticosamente conquistati. L’uso di questo strumento deve essere uno dei navigatori. E i dati che abbiamo oggi sono dati buoni un po’ per tutto il Paese».

«I dati del monitoraggio sono al momento incoraggianti» ha commentato il ministro delle Salute, Roberto Speranza. «Ci dicono che il Paese ha retto bene le prime aperture del 4 maggio. Ma guai a pensare che la partita sia vinta. Serve massima cautela. Basta poco a vanificare i sacrifici fatti finora».

Gianni Rezza, direttore generale della Prevenzione del Ministero della Salute, ha invece affrontato la questione che lega virus e caldo. «È ancora tutta da determinare la possibile influenza del caldo sul Sars-Cov-2 – ha spiegato –. Normalmente le infezioni respiratorie nel periodo estivo hanno una diminuita incidenza: dall’influenza alle varie forme di raffreddore, tra cui anche quelle da coronavirus comuni».

«Il caldo – ha proseguito Rezza – ha un effetto sulle virosi respiratorie. Questo non tanto perché può provocare uno stress del virus attraverso una più rapida evaporazione, con l’essiccamento dei droplets; la vera ragione è che nella stagione estiva, in tempi normali, c’è naturalmente il distanziamento sociale: chiudono scuole, uffici, si vive di più all’aperto». Ma quando si tratta di un virus nuovo «l’influenza del caldo è tutta da determinare».

Per fare il punto su farmaci e vaccini è poi intervenuto il direttore generale dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco), Nicola Magrini. «Sono stati 144 gli studi su potenziali farmaci anti-Covid-19 valutati dall’Aifa – ha illustrato in conferenza – 40 protocolli sono stati approvati (il 28%)». Di questi 12 riguardano l’idrossiclorochina, su cui «non sembra ci siano attualmente dati molto incoraggianti. Sull’efficacia di questo medicinale contro Covid-19 sappiamo poco, sui possibili danni siamo abbastanza sicuri, soprattutto in alcune categorie di pazienti». Per ora, invece, il Remdesivir dà ottimi risultati: «Il calo della mortalità da 11,6% a 8%, è un eccellente risultato»

Magrini ha fatto chiarezza anche sulla plasmaterapia. «Abbiamo voluto estendere a livello nazionale – ha spiegato – lo studio già approvato a Pisa di cui è stato scelto il disegno, prima trasferito a tre regioni e poi a tutte. Il compito di Aifa è di favorire la ricerca, centralizzare. Per ora è emersa una riduzione del 40% dell’endpoint primario che riguardava mortalità e aggravamento, ma sono analisi precoci».

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Sono 5-6 i vaccini candidati in fase avanzata: «Il tempo ragionevole per pensare a un vaccino è la primavera-estate prossima, non penso che per settembre ci sarà alcun vaccino disponibile anche contando risultati molto buoni di fase I che testano la sicurezza in volontari sani».

Intervenuto in conferenza anche il Centro nazionale trapianti, che ha mostrato l’incidenza del Covid-19 sulle attività del settore, in cui l’Italia ha retto meglio degli altri Paesi: se dal 28 febbraio al 10 aprile il calo dell’attività di trapianto in Italia è stato del 39,7% rispetto alla prima parte del 2020, negli Usa il calo è stato del 51,1%, in Spagna del 75,1% e in Francia del 90,6%. Numeri, quelli italiani, su cui ha influito anche la riduzione, rispetto allo scorso anno, dell’opposizione al prelievo dei familiari.

Il Cnt ha anche fornito i dati preliminari dello studio sulle infezioni da Covid-19 tra i pazienti in attesa di trapianto e quelli già trapiantati: nella fotografia scattata il 22 marzo scorso, i pazienti in lista d’attesa risultati positivi al coronavirus erano 73, lo 0,86% degli 8.638 iscritti in lista, di cui solo 8 deceduti. L’incidenza è ancora più bassa tra i pazienti con trapianto d’organo funzionante: i positivi accertati nel periodo 21 febbraio-22 marzo erano 173, lo 0,39% del totale, di cui 53 deceduti (0,12%), con un’età media di questi ultimi intorno ai 67 anni.

 

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