L’iniziativa, inaugurata a dicembre 2018, dopo numerose tappe regionali è approdata nella Capitale: il 14 e il15 giugno l’assemblea conclusiva all’università Sapienza. L’assessore D’Amato: «Il nuovo Patto per la Salute è l’occasione per rimettere al centro dell’agenda politica la tutela della salute mentale»
«Più psicoterapia e meno farmaci», è questa la richiesta di Rosanna, una delle tante madri di pazienti psichiatrici presenti alla Conferenza nazionale per la Salute Mentale. Un’iniziativa promossa da oltre cento Associazioni che, inaugurata a dicembre 2018, ha fatto tappa in diverse regioni d’Italia, fino all’assemblea conclusiva del 14 e 15 giugno 2019, all’Università Sapienza di Roma.
Accanto a Rosanna c’è Luisa, anche lei madre di due giovani pazienti. Entrambe le donne, rappresentanti di “Volontari in Onda”, un’associazione composta in prevalenza da familiari di pazienti psichiatrici, vivono quotidianamente le criticità del Sistema di gestione pubblica della salute mentale.
Ma Luisa è entrata in contatto con il Sistema sanitario nazionale solo alcuni anni dopo aver ricevuto la diagnosi: «All’inizio ho curato mio figlio privatamente – racconta -. Ha interrotto gli studi universitari solo per un anno, poi è riuscito a completarli diventando medico e prendendo due diverse specializzazioni. La situazione è degenerata quando si è affacciato al mondo del lavoro, momento in cui è stato necessario anche un ricovero. Poi, si è ammalato anche il mio secondo figlio e le cose si sono complicate: le spese non erano più sostenibili ed abbiamo cominciato ad usufruire del servizio pubblico, al Csm (Centro di salute mentale) di Ostia. Qui ho trovato un grosso aiuto in tempi ragionevoli. Ma da volontaria impegnata nel settore della salute mentale so perfettamente che non tutte le esperienze sono positive come la mia».
Per questo, la Conferenza nazionale rappresenta un’importante occasione per far emergere le difficoltà del settore: dalla necessità di un aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea), al bisogno di un Nuovo Piano Nazionale, per affermare il diritto alla tutela della salute mentale sanciti dalle leggi di Riforma 180 e 833 del 1978, respingendo qualsiasi tentativo di restaurare la logica manicomiale.
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Urgenze ribadite anche dalle Istituzioni presenti: «Dobbiamo rimettere al centro dell’agenda politica la tutela della salute mentale – commenta Alessio D’Amato, Assessore alla Sanità e Integrazione Socio-Sanitaria della Regione Lazio – e abbiamo un’opportunità di confronto importante tra Regioni e Governo: il nuovo Patto per la Salute. In questa occasione chiederemo certezza di risorse complessive e una nuova politica occupazionale per potenziare il territorio, due leve fondamentali per affrontare il tema del disagio mentale».
Sulla stessa linea d’onda anche Antonello D’Elia, psichiatra e presidente dell’associazione Psichiatria Democratica: «La Conferenza nazionale per la salute mentale è un’iniziativa importante – dice – perché è riuscita a riunire intelligenze, utenti, familiari, operatori. Persone che, insieme, hanno offerto una testimonianza viva della necessità di reinvestire forze, energie e denaro nella gestione pubblica della salute mentale, un vero e proprio patrimonio da tutelare».
Un diritto da difendere soprattutto per tutti quei pazienti che del servizio pubblico non possono fare a meno: «Chiediamo – dice mamma Rosanna – che i nostri figli possano contare sul supporto di un’equipe specialistica che offra più psicoterapia e meno farmaci. Il paziente trattato solo con la terapia farmacologica, spesso, arriva ad un punto in cui non è più in grado di accettare la sua condizione, tanto da rifiutare le cure. E l’epilogo in una situazione del genere, purtroppo, è sempre lo stesso: il trattamento sanitario obbligatorio (Tso). Il paziente viene ricoverato in una crisi profonda e, con il Tso – conclude -, gli si impone di riprendere la terapia farmacologica. Condannandolo, così, ad un circolo vizioso».