Alla conferenza ICAR di Bari confermata l’efficacia dei farmaci antiretrovirali a lunga durata anti-Hiv, ma il 57% li ignora. Lontana ancora l’ipotesi vaccino
Le terapie antiretrovirali contro l’HIV raggiungono nuove frontiere. Importanti novità riguardano i farmaci a lunga durata, i cosiddetti long acting, di cui emergono le certificazioni di efficacia e sicurezza. Tuttavia, ancora manca una piena consapevolezza di questa opportunità, con il 57% degli stessi pazienti che spesso la ignorano. Alla XV edizione di ICAR – Italian Conference on AIDS and Antiviral Research di Bari sono stati presentati diversi studi.
I nuovi trattamenti hanno reso l’HIV un’infezione cronica: la corretta assunzione rende il virus non più rilevabile nel sangue, con significative conseguenze. «Oggi esiste un ventaglio di terapie antiretrovirali completo, arricchito negli ultimi anni da altre classi di farmaci e nuove modalità di somministrazione – sottolinea il professor Sergio Lo Caputo, copresidente ICAR – . Questi successi terapeutici si vanno ad aggiungere alla terapia antiretrovirale in un’unica compressa assunta da oltre il 70-80% dei pazienti. Il successo è dovuto non solo ai risultati clinici sulla persona che vive con Hiv, ma anche al fatto che oltre il 95% delle persone che assume la terapia ottiene una carica virale non dosabile, ossia non trasmette il virus, riducendo le nuove infezioni».
«Un altro aspetto fondamentale – aggiunge Lo Caputo – è la terapia personalizzata. È possibile scegliere un regime terapeutico appropriato a seconda del tipo di paziente e della fase che sta attraversando». A ICAR 2023 sono stati presentati i primi studi italiani con nuove prove scientifiche a sostegno dell’efficacia e della sicurezza di CAB+RPV (Cabotegravir e Rilpivirina) a lunga durata d’azione. «Ad oggi abbiamo i risultati degli studi registrativi di CAB+RPV long acting con somministrazione intramuscolare ogni 4 settimane in persone nuove al trattamento e con somministrazione intramuscolare ogni 8 settimane con esperienza di trattamento, con un tasso di fallimento virologico contenuto dell’1%-5% – spiega Francesca Ceccherini Silberstein, copresidente ICAR –. Nel complesso, attraverso gli studi presentati a ICAR vengono mostrati i risultati di efficacia e tollerabilità di più di 500 persone che hanno iniziato questo nuovo trattamento in Italia».
«In uno studio milanese, su più di 300 persone – informa la co-presidente di ICAR -, la probabilità a 3 mesi di fallimento al trattamento con il regime a lunga durata d’azione era bassa (del 3,5%), In un altro studio, condotto a Brescia, un questionario anonimo offerto ai pazienti in cura presso l’ambulatorio Malattie infettive e Tropicali ha evidenziato che i pazienti a conoscenza della disponibilità di farmaci long acting sono ancora pochi (il 57,5% non ne aveva mai sentito parlare)». A fronte dei grandi traguardi scientifici raggiunti con i trattamenti antiretrovirali, resta ancora lontana l’ipotesi di un vaccino in grado di prevenire l’HIV. «L’infezione da HIV non vede possibilità di eradicazione né di un vaccino preventivo», conclude Lo Caputo.
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