INTERVISTA | A Sanità Informazione la scrittrice Giusi Marchetta commenta il tema tornato all’attenzione dopo una decisione presa in Spagna e una proposta legislativa italiana: «Provvedimento giusto nei contenuti, ma attenzione che la formulazione non dia luogo a nuove discriminazioni»
Il congedo mestruale, ovvero la possibilità per le lavoratrici di avvalersi di alcuni giorni di assenza giustificata dal lavoro in presenza di un certificato medico che attesti la condizione di ciclo doloroso, è tornato al centro del dibattito dopo l’approvazione in Spagna della legge che lo istituisce e la concomitante proposta di legge in Italia ad opera di Alleanza Verdi e Sinistra. La sua approvazione nel nostro Paese costituirebbe una conquista per le donne o, viceversa, potrebbe prestare il fianco ad ulteriori discriminazioni e stigmatizzazioni verso il genere femminile, rafforzando gli stereotipi di genere e ostacolando il cammino verso le pari opportunità? Sanità Informazione ha intervistato sulla questione la scrittrice Giusi Marchetta, autrice di romanzi e del saggio “Principesse. Eroine del passato, femministe di oggi” sugli stereotipi di genere in letteratura e nei media.
«Come spesso accade, dipende tutto da come è stata scritta la proposta di legge: non conta solo il suo contenuto, ma anche la forma. È chiaro tuttavia che si tratta di un riconoscimento del fatto che le donne vanno al lavoro anche in condizioni di sofferenza legate a un fenomeno naturale e ben conosciuto, e dell’esigenza di una tutela in tal senso. Sarei favorevole, insomma, a quello che sembra un provvedimento a tutela della salute in generale, rispetto ai tanti diritti che invece nel mondo del lavoro vengono completamente ignorati».
«L’approvazione in Spagna di una analoga legge in materia ha contribuito a riaccendere il dibattito anche da noi. Questo dimostra una crescente attenzione, anche dal punto di vista politico, sulle questioni di genere, significa che qualcuno sta facendo sentire la sua voce».
«Spesso si commette l’ingenuità di associare ad un esponente di una determinata categorie le preoccupazioni di quella stessa categoria. È vero che la nostra premier e donna, ma è anche esponente di un pensiero politico che non abbraccia le questioni di genere da un punto di vista paritario, e non mi riferisco solo ai diritti delle donne ma anche a quelli della categoria LGBTQ+».
«Questo ragionamento in teoria potrebbe applicarsi a tutto, alla malattia riconosciuta ai dipendenti e a tutta una serie di diritti. È chiaro che abusare di un diritto non è mai corretto, ma il rischio di abuso non può essere una motivazione valida a non riconoscere quello stesso diritto».
«Anche qui è importante capire come queste leggi sono state scritte, non fermarsi al contenuto. Se queste leggi contribuiscono a categorizzare la donna come portatrice di bisogni speciali al fine di ostacolarne la carriera, sarebbe preoccupante. In caso contrario, potrebbe essere un semplice pregiudizio, da parte nostra, ritenere che questi Paesi non siano in grado di tenere in considerazione le istanze e i diritti della loro popolazione femminile».
«Sì, potrebbe. Viviamo in una società che ci ha inculcato la pressione sociale di dovere essere “doppie”: doppiamente brave, doppiamente forti, doppiamente presenti, per dimostrare di essere totalmente alla pari con gli uomini, con un meccanismo di super compensazione che spesso spinge le donne a mettere a tacere i propri disagi. E poi, dovremmo inserire questa legge in un mercato del lavoro sempre più difficile, e riconoscere che la fisiologia femminile comporti mensilmente per alcune donne una oggettiva difficoltà. Insomma, la faccenda potrebbe avere risvolti complessi».
«Sicuramente: in passato il ciclo mestruale era considerato una faccenda di esclusiva pertinenza (e carico) femminile, mentre oggi i giovani, i ragazzi anche più piccoli, sono particolarmente sensibili a tematiche di interesse sociale e collettivo, riuscendo a guardare oltre i propri stretti interessi. È una caratteristica delle nuove generazioni che va coltivata, e non repressa come invece talvolta tende a fare la società».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato