Ipercolesterolemia in Europa: nei pazienti a rischio alto e molto alto, livelli di C-LDL ancora troppo elevati e terapie di combinazione sottoutilizzate. Lo studio osservazionale europeo “Santorini”. Inoltre, nuovi dati supportano l’uso di edoxaban in pazienti complessi con fibrillazione atriale (FA)
Annunciati oggi da Daiichi Sankyo, durante il Congresso della Società Europea di Cardiologia (ESC) 2021, i dati iniziali di “Santorini”. Si tratta del primo studio osservazionale europeo che ha lo scopo di valutare la gestione dei pazienti cardiovascolari ad alto e altissimo rischio che richiedono una terapia ipolipemizzante (LLT), dopo la pubblicazione delle linee guida ESC/EAS 2019 sulla gestione della dislipidemia.
Il professore Marcello Arca, ordinario di Medicina Interna presso “La Sapienza” di Roma e coordinatore italiano dello studio, ha ribadito che «il trattamento appropriato della dislipidemia rappresenta un obiettivo fondamentale per migliorare la prognosi dei pazienti a rischio cardiovascolare. Alla luce delle nuove indicazioni, formulate da importanti società scientifiche, è sempre importante aggiornare le nostre conoscenze su come queste vengono applicate nella nostra pratica clinica quotidiana. Da qui nasce la necessità di condurre studi osservazionali volti a comprendere le linee di tendenza dei comportamenti terapeutici».
“Santorini” è uno studio multinazionale, volto a documentare come vengono usate le opzioni di trattamento attualmente disponibili nel gestire i livelli di colesterolo per i pazienti a rischio alto e molto alto. Lo studio ha reclutato 9.606 pazienti e dimostrato che il 18,6% dei pazienti a rischio cardiovascolare alto e molto alto non riceveva alcuna terapia ipolipemizzante (LLT).
La maggior parte dei pazienti (54,1%) ha ricevuto LLT in monoterapia, e le terapie di associazione sono state utilizzate solo nel 27,3% dei pazienti. Le linee guida ESC/EAS 2019 sulla gestione delle dislipidemie hanno stabilito che, per i pazienti rischio cardiovascolare alto e molto alto, più bassi sono i livelli di colesterolo LDL più si riduce il rischio di eventi CV. Dato che l’80% dei pazienti ipercolesterolemici non raggiunge gli obiettivi di C-LDL raccomandati dalle linee guida, nonostante riceva terapie ipolipemizzanti, i risultati di “Santorini” ribadiscono la necessità di un uso più intenso delle LLT. Si sottolinea la necessità di ulteriori opzioni di trattamento ben tollerate che possano aiutare i pazienti a raggiungere gli obbiettivi di C-LDL.
A maggio 2021, alla sessione scientifica dell’American College of Cardiology (ACC), sono stati presentati i dati di simulazione sulla riduzione del rischio cardiovascolare (CV) con l’acido bempedoico, derivanti da quattro studi registrativi di fase 3 randomizzati, in doppio cieco, controllati con placebo. Lo studio di simulazione ha mostrato che il trattamento con acido bempedoico, in aggiunta alle statine alla massima dose tollerata, porterebbe a una riduzione assoluta del 3,3% del rischio di eventi cardiovascolari a 10 anni rispetto alle sole statine (p<0,0001). Nei pazienti intolleranti alle statine, la simulazione ha previsto un’ulteriore riduzione assoluta del 6,0% del rischio di eventi CV a 10 anni con l’acido bempedoico rispetto al placebo (p<0,0001). Questi risultati rafforzano i potenziali benefici dell’abbassamento del C-LDL nei pazienti ad alto rischio con ASCVD.
«Le malattie cardiovascolari in Europa causano la morte di più di quattro milioni di persone ogni anno, con un enorme impatto sulle famiglie e sui sistemi sanitari», ha spiegato il dottor Garth Virgin, direttore esecutivo del Medical Affairs, Specialty Medicines, di Daiichi Sankyo Europa. «Daiichi Sankyo – ha aggiunto – continua ad investire in studi che portano informazioni scientifiche rilevanti alla comunità medica, al fine di perfezionare il processo decisionale clinico. Il nostro obiettivo è quello di contribuire a ridurre il rischio cardiovascolare per i pazienti a rischio alto e molto alto e, in definitiva, a ridurre l’impatto delle malattie cardiovascolari per le persone e i sistemi sanitari in tutta Europa».
Al Congresso della Società Europea di Cardiologia (ESC) 2021, Daiichi Sankyo Europa ha poi presentato una serie di nuovi dati su edoxaban, che includono approfondimenti sulla pratica clinica quotidiana, attraverso le evidenze dal registro ETNA-AF, e nuovi dati da studi clinici randomizzati sul profilo di efficacia e sicurezza di edoxaban in pazienti con fibrillazione atriale (FA). I risultati dello studio “ENVISAGE-TAVI AF”, presentati come Hotline Session durante il Congresso, hanno confrontato l’efficacia e la sicurezza di edoxaban con gli antagonisti della vitamina K (AVK) in pazienti con FA sottoposti con successo a impianto di valvola aortica transcatetere (TAVI). I risultati del trial sono stati pubblicati contemporaneamente su The New England Journal of Medicine (NEJM).
I dati presentati oggi completano ulteriormente le raccomandazioni della Guida Pratica per il trattamento dei pazienti con FA tramite l’uso di anticoagulati orali diretti. «Questi nuovi dati, in aggiunta alla Guida pratica EHRA recentemente aggiornata sull’uso dei NOAC nella fibrillazione atriale, forniscono prove scientifiche attese da tempo che saranno di enorme supporto per i clinici che devono trattare queste complesse popolazioni di pazienti con fibrillazione atriale», ha dichiarato Hein Heidbuchel, Direttore di Cardiologia all’Università di Anversa e past-president della European Heart Rhythm Association (EHRA).
Gli anticoagulanti orali diretti sono la scelta preferita di trattamento per i pazienti con fibrillazione atriale. «Avere ulteriori dati per aiutare a guidare gli operatori sanitari nelle specificità dell’anticoagulazione di queste popolazioni di pazienti porterà ulteriore chiarezza e fiducia alla comunità clinica», ha ribadito.
Gli ePosters chiave presentati dal Registro ETNA-AF-Europe includono la valutazione del grado di peggioramento della funzione renale (WRF) e degli esiti clinici nei pazienti con FA trattati con edoxaban dopo due anni di follow-up, con o senza WRF. I risultati di 9.084 pazienti inclusi in questa analisi di sottogruppo hanno mostrato che c’è un basso rischio di WRF nei pazienti con FA trattati con edoxaban, e che la maggior parte dei pazienti trattati con edoxaban non ha avuto un peggioramento della funzione renale (89,9%). I risultati hanno anche rilevato che:
– I pazienti con WRF avevano una mortalità più elevata rispetto a quelli senza WRF (mortalità per tutte le cause: 3,78% vs. 1,90%; morte cardiovascolare: 2,06% vs. 0,92%, rispettivamente).
– I pazienti con WRF avevano tassi di sanguinamento maggiore e di ictus numericamente più alti rispetto a quelli con funzione renale non peggiorata.
– I tassi di emorragia intracranica sono rimasti bassi indipendentemente dal peggioramento della funzione renale (0,17% in quelli con WRF vs. 0,19% in quelli senza).
Un secondo ePoster chiave ha analizzato i risultati di efficacia e sicurezza nei pazienti soggettivamente vs. oggettivamente fragili. I risultati hanno mostrato che la presenza di fragilità (soggettiva oppure oggettiva) è un predittore di eventi cardiovascolari (CV) in pazienti con FA anticoagulati ed è associata a una prognosi peggiore degli eventi CV. Questi risultati supportano l’idea che una valutazione completa della fragilità potrebbe migliorare la cura quotidiana dei pazienti con FA e sono in linea con le linee guida ESC 2020, che sottolineano l’importanza di includere la valutazione della fragilità nella gestione integrata della FA.
Sono stati anche presentati i risultati del trial “ENVISAGE-TAVI AF”. In questo studio multinazionale, randomizzato, di fase 3b, 1.426 pazienti anziani con comorbilità multiple sono stati inclusi e seguiti fino ad un massimo di tre anni dopo un impianto di TAVI eseguito con successo; i risultati dello studio suggeriscono che edoxaban è un’opzione di trattamento appropriata per questi pazienti.
Ad oggi, questo è l’unico studio sufficientemente ampio e statisticamente valido che confronta un NOAC con gli antagonisti della vitamina K (AVK) in pazienti con FA dopo TAVI. «La TAVI è un’opzione di trattamento consolidata per i pazienti con grave stenosi della valvola aortica, compresi quelli con FA e comorbidità multiple. – ha spiegato George Dangas, MD, PhD, professore di Cardiologia e direttore dell’Innovazione Cardiovascolare presso il Zena e Michael A. Wiener Cardiovascular Institute dell’Icahn School of Medicine dell’ospedale Mount Sinai di New York – Nei pazienti con FA, l’anticoagulazione è necessaria per prevenire l’ictus, che può essere una complicazione devastante dopo la TAVI. ENVISAGE-TAVI AF dimostra che il trattamento con edoxaban può essere prezioso nella gestione di questa popolazione ad alto rischio di pazienti con FA dopo tale procedura».
Lo studio ha raggiunto l’endpoint primario di non-inferiorità di edoxaban rispetto agli AVK per gli eventi clinici avversi netti (NACE), tra cui mortalità per tutte le cause, infarto miocardico, ictus ischemico, tromboembolismo sistemico, trombosi valvolare e sanguinamento maggiore così come definito dalla Società Internazionale di Trombosi ed Emostasi (ISTH). I NACE si sono verificati in 170 pazienti trattati con edoxaban (17,3% all’anno) e, analogamente, in 157 pazienti trattati con AVK (16,5% all’anno).
Edoxaban ha anche mostrato tassi numericamente inferiori di mortalità per tutte le cause e di ictus ischemico (due dei sei eventi clinici individuali inclusi nel composito di NACE).
– La mortalità per tutte le cause si è verificata in 85 pazienti trattati con edoxaban e 93 pazienti trattati con AVK (7,8% vs 9,1% all’anno, rispettivamente).
– L’ictus ischemico si è verificato in 22 pazienti trattati con edoxaban e in 28 pazienti trattati con AVK (2,1% vs 2,8% all’anno, rispettivamente).
Lo studio non ha raggiunto il suo endpoint primario di sicurezza per il sanguinamento maggiore, a causa di un più alto numero di sanguinamento gastrointestinali nel braccio edoxaban. Altri eventi emorragici maggiori, compresa l’emorragia intracranica, così come le emorragie fatali e pericolose per la vita, sono stati altrettanto rari in entrambi i bracci di trattamento edoxaban e AVK. Sanguinamenti maggiori si sono verificati in 98 pazienti trattati con edoxaban e in 68 pazienti trattati con AVK (9,7% vs. 7,0% per anno, rispettivamente).
«Questi risultati presentano evidenze che edoxaban è un’opzione di trattamento appropriata nei pazienti con FA post-TAVI, che sono tipicamente anziani e fragili. – ha dichiarato il prof. Nicolas Van Mieghem, ricercatore globale co-leader dell’Erasmus University Medical Center di Rotterdam. -. Abbiamo riscontrato più sanguinamenti maggiori gastrointestinali con edoxaban, che sono stati ben gestiti; nessuna differenza significativa si è invece riscontrata nei sanguinamenti intracranici o fatali».
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