«Sta a noi – sottolinea la presidente dell’Ordine di Roma – dimostrare la capacità non solo di tessere relazioni ma anche di mantenerle. Siamo pronti a prendere le nostre responsabilità»
È stato un congresso importante quello degli infermieri che si è concluso da poco a Roma. E non solo perché anche Papa Francesco ha espresso «riconoscenza e stima» per la categoria benedicendo la neonata Federazione Nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche. Ma in primis perché è il primo dalla trasformazione del collegio in Ordine avvenuta con il ddl Lorenzin. E poi anche per i contenuti: dall’idea, rilanciata dal direttore generale Aifa Melazzini, di consentire agli infermieri di prescrivere i farmaci, all’allarme della presidente Barbara Mangiacavalli sulla carenza di infermieri. «In questo momento noi dobbiamo impegnarci a rendere questo sistema sanitario sostenibile, credo che tutti gli stakeholder lo abbiamo capito», afferma a Sanità Informazione la dottoressa Ausilia Pulimeno, presidente della dell’Ordine degli Infermieri di Roma.
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Dottoressa Pulimeno, questo è il primo congresso della Fnopi, in realtà il primo di una professione che sono tanti anni che vive organizzata con tutti i suoi professionisti. Ma questo cambiamento non è solo formale. Cosa c’è nella sostanza?
«È un cambiamento sostanziale. Questo noi l’abbiamo provato subito il giorno dopo della pubblicazione della legge numero 3 del 2018. Di fatto, è cambiata anche la percezione da parte dei nostri partner, ci stanno già vivendo in maniera diversa. Prima quando eravamo collegio, anche se sostanzialmente non c’era nessuna differenza con gli ordini professionali dal punto di vista giuridico, di fatto la denominazione diversificata era come se ci tenesse un gradino più in basso. Devo dire che questo si percepisce anche nei rapporti, negli incontri. Ora sta a noi dimostrare una capacità non solo di tessere relazioni ma anche di mantenerle in modo orgoglioso, far vedere finalmente quello che sappiamo fare, le responsabilità che sappiamo assumere già da tanti anni. Ci siamo e dobbiamo mettere in campo tutte le nostre risorse, non solo materiali ma anche mentali. Quindi insieme alla denominazione dev’essere cambiata anche la mentalità perché spesso siamo noi che ci sentiamo un gradino più in basso e questo non ci aiuta. Per cui essere orgogliosi, essere capaci di esprimere quello che sappiamo fare, quello che possiamo essere e come ci posizioniamo in questo sistema».
Il ruolo dell’infermiere, così come quello del medico e in tutte le professioni sanitarie, sta cambiando. Quindi forse questo passaggio vuol dire, semplificando, mettersi seduti tutti intorno al tavolo, tutte le professioni e discutere su come affrontare la salute dei cittadini, la sanità che si sta evolvendo, le cronicità. Insomma una grande rivoluzione su cui adesso siete tutti quanti parti allo stesso tavolo. Lo eravate anche prima, ma adesso anche con la stessa denominazione.
«In questo momento noi dobbiamo impegnarci a rendere questo sistema sanitario sostenibile, credo che tutti gli stakeholder lo abbiamo capito. Chiaramente c’è bisogno di unire tutte le forze, tutte le competenze, tutte le responsabilità. Noi ci siamo dentro, ormai abbiamo assunto anche capacità di poter in qualche modo condividere delle scelte. Credo che anche i medici lo abbiano capito, forse non tutti, ma sicuramente una buona fetta, come abbiamo visto con il presidente della FNOMCeO. Una discussione che va fatta nel rispetto delle competenze reciproche. Ma intanto lavoriamo insieme per raggiungere degli obiettivi comuni. Il cittadino non può più aspettare. Il sistema, così come è organizzato oggi, non può più aspettare. Risorse ne abbiamo veramente poche per cui quelle poche o siamo in grado di gestirle tutti insieme in un certo modo e ci inserisco anche la componente sociale o altrimenti non lo so, questo sistema in qualche modo lo abbiamo affossato e forse abbiamo contribuito anche noi a questo».