Il professor Emanuele Scafato, direttore dell’Osservatorio Nazionale Alcol e del centro OMS dell’ISS a Sanità Informazione: «La prevenzione è da creare, manca il coordinamento tra gli interlocutori. Importante intervenire in maniera mirata». E mette in guardia i giovani: «È importante spiegare loro che i divieti di vendita sotto i 18 anni esistono per tutelare la loro salute fisica e psichica»
Responsabile di circa 3,3 milioni di decessi ogni anno e del 5,1% di anni di vita persi al netto della disabilità in tutto il mondo. Sono i dati presentati in occasione dell’Alcohol Prevention Day all’Istituto Superiore di Sanità (ISS), che raccontano la molteplicità delle conseguenze negative del consumo di alcol sulla salute.
Più di 200 le malattie connesse al consumo di alcol tra cui il cancro, le malattie cardiovascolari e le disfunzioni metaboliche con diverse conseguenze sociali. Ma quali sono i principali danni alcol correlati sui giovani e sugli anziani? Risponde il professor Emanuele Scafato, direttore dell’Osservatorio Nazionale Alcol e del centro OMS dell’ISS che a Sanità Informazione dichiara: “I danni sono in funzione della generazione di riferimento, del target di popolazione. L’alcol è un tossico e l’organismo normalmente elabora la molecola per poterla eliminare attraverso l’urina e la traspirazione. Nei giovani l’effetto è maggiore”.
«Nei giovani il danno è maggiore perché il sistema di metabolismo non consente di distruggere l’alcol – ci spiega il professor Scafato – e quello che loro consumano circola nel sangue arrivando sulle cellule di organi e apparati, primo tra tutti il cervello e poi il fegato, organo bersaglio, portando via i fosfolipidi di membrana, distruggendo o creando delle instabilità che portano alla morte cellulare sia dei neuroni sia dell’epatocita. Un danno irreversibile – prosegue – poiché tra i 12 e i 21 anni, momento della vita in cui è ancora in atto la modificazione cerebrale, la lesione non viene più rimpiazzato da cellule nuove. Se, infatti, andiamo a monitorare i giovani che si ubriacano il fine settimana per 2-3 mesi – aggiunge Scafato – riscontriamo una riduzione della memoria e riduzione della capacità di adattarsi nello spazio. Ciò ovviamente li rende poco performanti, in particolare nelle attività scolastiche. Se i giovani vogliono avere un cervello integro, che si maturerà a 25 anni, devono evitare di consumare alcol e anche cannabis o, peggio, sommarlo tra di loro con un risultato di danno esponenziale. È importante spiegare loro che i divieti di vendita sotto i 18 anni esistono per tutelare la loro salute fisica e psichica».
Gli anziani sono considerati un target molto sensibile ai rischi causati dal consumo di alcol. La vulnerabilità agli affetti tossici delle bevande alcoliche si collega a una riduzione, con il passare degli anni, della capacità dell’organismo di metabolizzare l’alcol come una conseguenza del mutamento fisiologico e metabolico dell’organismo. La scarsa attenzione ai dati del consumo di alcol per questa categoria di persone impedisce l’adozione di politiche o misure preventive e di contrasto al fenomeno, il cui impatto sulla salute e sul benessere degli anziani è rilevante in termini di costi sociali e sanitari. «Oggi abbiamo circa 2.700.000 anziani a rischio alcol correlato e non sono intercettati da nessuno» afferma Scafato. Con l’avanzare dell’età, il consumo di alcol spesso si unisce alla presenza di una o più malattie oppure all’assunzione di farmaci incompatibili: «Il medico dovrebbe specificare che l’alcol non deve essere assunto in concomitanza dell’uso di alcuni farmaci oppure, se in presenza di alcune malattie, di non consumarlo per niente. A volte il medico curante prescrive un bicchiere di vino per la prevenzione cardiovascolare. Se è vero che è utile per la prevenzione cardiovascolare è anche vero che aumenta il rischio di tante altre patologie».
Le strategie di prevenzione si suddividono in interventi sulla comunità e interventi sull’individuo. Nei giovani, l’approccio educativo è molto importante ma anche l’identificazione e la presa in carico precoce dei soggetti a rischio. «L’identificazione precoce – commenta Scafato – sicuramente è la più importante ma anche carente in Italia. I medici di medicina generale e i settori di primary care non sono preparati a identificare precocemente il rischio nei giovani, perché i ragazzi, specialmente i maschi, non vanno molto dal medico. Da questo punto di vista potrebbe essere utile l’introduzione di visite di controllo a livello scolastico, per favorire una serie di interventi di prevenzione prima che i fattori di rischio abbiano efficacia. L’integrazione di un’ora alla salute nelle scuole è qualcosa di fondamentale importanza per cercare di spiazzare quelle iniziative del bere consapevole. Bere consapevole, bere responsabile – prosegue il professore – sono slogan che vanno a inserirsi in un momento di sviluppo in cui questa razionalità da parte dei giovani non c’è, se non prima dei 25 anni. Prima di questa età, l’intervento di slogan non consente di modificare i comportamenti. È importante invece far si che un comportamento non si avvii oppure che non si consolidi».
Il rafforzamento delle azioni di contrasto all’offerta di alcol ai minorenni rappresenta la misura più efficace: la stretta sorveglianza sulla adeguata applicazione della legge che vieta la vendita di alcolici ai minori, la formazione del personale che serve alcol, il controllo delle licenze degli esercizi pubblici che vendono alcolici. «Più tardi si comincia a bere – conclude Scafato – e minore sarà la possibilità che un ragazzo possa andare incontro in età adulta a problemi alcol correlati. La prevenzione è tutta da creare perché attualmente manca il coordinamento tra gli interlocutori».