«La medicina difensiva costa 15 miliardi all’anno, bisogna muoversi» sottolinea il presidente dell’Associazione Chirurghi Ospedalieri che poi chiede si avvii il percorso di unificazione tra le varie associazioni di categoria
I problemi della chirurgia italiana sono tanti. Ed è per questo che una voce unica e solida potrebbe rappresentare un formidabile strumento di pressione sulle istituzioni. Ne è convinto il presidente dell’ACOI – Associazione Chirurghi Ospedalieri Pierluigi Marini che, a margine del 121° Congresso della Società italiana di Chirurgia, ha auspicato il completamento di un percorso comune con le altre associazioni di categoria: «mio obiettivo è arrivare insieme a tutti gli amici che collaboreranno a questo grandissimo progetto al Congresso congiunto della chirurgia italiana del 2020 con l’elezione del primo Consiglio direttivo della nuova società scientifica chirurgica unica. La chirurgia italiana insieme» ha sottolineato Marini che poi è tornato sul tema della medicina difensiva e del contenzioso medico legale che affligge sempre più tanti chirurghi (e non solo). Il Presidente ACOI chiede che la legge Gelli-Bianco sulla responsabilità venga rapidamente completata: «Le assicurazioni continuano ad aumentare, la chirurgia difensiva continua ad aumentare, i chirurghi non vanno più in sala operatoria, quelli che ci vanno non ci vanno più sereni. Io vorrei dire alle istituzioni: completate questa benedetta legge o se non vi va già più bene facciamone un’altra, noi siamo pronti».
Presidente, al 121° Congresso della Società italiana di Chirurgia si è preso un impegno importante, quello di dare una sola voce ai chirurghi italiani perché hanno bisogno di forza e di un messaggio chiaro…
«Per la verità questo impegno io l’avevo preso nel 2018 all’inaugurazione del Congresso congiunto in cui dissi che le problematiche della chirurgia erano molto grandi, c’era una crisi che la chirurgia non aveva mai vissuto e che per affrontare anche nelle istituzioni questi gravi problemi legati alla mancanza di vocazione dei giovani verso la chirurgia, alla fuga dei chirurghi dai nostri ospedali, il contenzioso medico-legale e la sostenibilità del sistema, serviva dare al mondo della chirurgia una società unica molto forte che vedesse insieme il mondo ospedaliero e il mondo universitario per dar forza a tutte le progettualità in campo perché negli ultimi venti anni la chirurgia è cambiata con una velocità che ha portato a dei livelli mai raggiunti in precedenza. Ha corso più negli ultimi venti anni che in tutta la storia della chirurgia. Il mondo va avanti, non si deve rinunciare ai ricordi, alle tradizioni, a quello che è stato il mondo delle scuole della chirurgia in passato, veniamo tutti da lì d’altra parte. Oggi serve un passo avanti a cominciare dalla formazione che è un problema centrale e che stenta a entrare un po’ nella mente delle nostre istituzioni. Ci vuole un impegno importante, lo dobbiamo fare per noi, per i giovani ma tutto questo va verso i nostri pazienti. Io vorrei che da appuntamenti come questo passasse un messaggio importante che tutto ciò che è buone pratiche, che è linee guida, che è impegno quotidiano a migliorare vuol dire puntare a migliorare l’outcome del paziente, non a dare degli strumenti in difesa del contenzioso medico legale. La nostra mission è lavorare e impegnarci a fare tutto quello che è possibile per migliorare l’outcome del paziente. Su questo credo che una società unica potrebbe essere una grandissima arma, un grandissimo strumento, non mi aspetto momenti molto semplici da qui al prossimo anno ma il mio obiettivo è arrivare insieme a tutti gli amici che collaboreranno a questo grandissimo progetto al Congresso congiunto della chirurgia italiana del 2020 con l’elezione del primo Consiglio direttivo della nuova società scientifica chirurgica unica. La chirurgia italiana insieme».
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Al Congresso lei è intervenuto ricordando la problematica della medicina difensiva. Qual è lo stato dell’arte?
«Voi sapete che al centro dei nostri convegni c’è sempre il problema del contenzioso medico legale. Oramai è diventato un punto fermo, forse parliamo forse più di contenzioso medico legale che di trattamento dei tumori. C’è una legge, la legge Gelli-Bianco, che doveva risolvere molti dei problemi, ma che è ancora ferma sui decreti attuativi, guarda caso quello riguardante le assicurazioni, quindi non ha ancora completato il suo iter. I dati che noi abbiamo sono dati che non ci confortano. C’è molta confusione. Ieri un giudice ha detto che ad oggi non si sta adeguatamente utilizzando questa legge perché non è completa. I dati che ho io nel mondo della chirurgia è che le assicurazioni continuano ad aumentare, la chirurgia difensiva continua ad aumentare, i chirurghi non vanno più in sala operatoria, quelli che ci vanno non ci vanno più sereni. Io vorrei dire alle istituzioni: completate questa benedetta legge, se non vi va già più bene facciamone un’altra, noi siamo pronti a partecipare ai lavori. Però usciamo da questo incubo che produce danni per 15 miliardi l’anno con la medicina difensiva ma soprattutto produce danni ai pazienti perché un chirurgo che non va in sala operatoria o non ci va sereno per me è un danno al paziente».