La storia di Fabrizio, affetto da una malattia mitocondriale e testimonial Mitocon Onlus: «Queste patologie possono colpirti a 17 anni come me, a 50-60 anni oppure a 6. Dalla mia posso dire che lo sport mi ha aiutato moltissimo perché mi ha aperto un sacco di opportunità e tante alternative»
«Non sempre va tutto secondo i piani, ma se hai un sogno ci devi credere fino in fondo». Ne è convinto Fabrizio Sottile, ventitré anni, ipovedente da sette e nuotatore paralimpico. Una concreta speranza sportiva, Sottile si è fatto conoscere sia in occasione delle Paralimpiadi di Londra che di Rio De Janeiro per lo stile e la potenza delle bracciate. «La mia malattia è iniziata nel marzo 2010 (avevo 17 anni) ed è stata progressiva, definitiva», racconta l’atleta riferendosi alla ‘Neuropatia ottica ereditaria di Leber’, una malattia neurodegenerativa che colpisce il nervo ottico e che appartiene alla famiglia delle patologie mitocondriali, su cui, negli ultimi mesi, si sono accesi i riflettori per il caso di Charlie Gard, il bambino britannico affetto dalla sindrome di deplezione mitocondriale.
«Era un giorno come tanti – racconta l’atleta divenuto il testimonial d’eccezione dell’associazione Mitocon Onlus, che fornisce un validissimo supporto alle famiglie dei pazienti mitocondriali – ma quel giorno, mentre nuotavo in vasca ho visto scomparire improvvisamente il quadrante del cronometro e ho capito che forse qualcosa sarebbe cambiato». L’Atrofia ottica di Leber, la malattia di Fabrizio, colpisce giovani adulti tra i 18 e i 30 anni e si caratterizza per una perdita della vista improvvisa, indolore e acuta. «È difficile spiegare a tutti gli effetti il modo alternativo in cui io ‘vedo’: hai presente quando stacchi l’antenna del televisore e lo schermo si riempie di puntini grigi? Ecco, è lo stesso principio».
«Le prima diagnosi furono fuorvianti – racconta Fabrizio – infatti il primo neurologo che mi visitò mi fece prima una diagnosi di sclerosi multipla, poi di tumore e dopo sei mesi dai primi sintomi, in seguito a approfondite analisi, si risalì a Leber». Infatti, la prima difficoltà che incontrano i pazienti affetti da malattie mitocondriali è proprio la problematicità di una diagnosi veloce e certa; queste patologie ereditarie sono estremamente insidiose e, ad un primo esame, possono non essere immediatamente individuabili. «Io ho scoperto di avere la malattia nel 2010 a marzo, e la prima diagnosi con l’esame del DNA è arrivata ai primi di settembre dello stesso anno. Ho perso mesi preziosi per poter curare la malattia nella fase più acuta e chissà, magari sarei riuscito a recuperare».
«Quando ho perso parzialmente la vista ho pensato di aver concluso la mia carriera sportiva, invece poi ho conosciuto il mondo paralimpico e allora ho capito che avevo ancora tanta strada da fare, anzi da nuotare!» spiega Fabrizio che ritiene lo sport «la mia seconda vita. Certo, non posso nascondere che non sia stato facile: ho sofferto, ho avuto inizialmente un ripudio del nuoto che prima era la mia ragione di vita. Ma poi ho capito che non dovevo abbandonare il mio sogno, perché potevo lo stesso raggiungere i miei obiettivi. Si può arrivare comunque alla meta desiderata, semmai seguendo un altro percorso rispetto a quello che ci si prospettava, ma comunque credendoci, si arriva».
«Voglio inviare un messaggio a coloro che soffrono di malattie mitocondriali – conclude l’atleta – queste patologie possono colpirti a 17 anni come me, a 50-60 anni o a 6. Ognuno si fa dei progetti diversi in base alla vita che sta trascorrendo. Io dalla mia posso dire che lo sport mi ha aiutato moltissimo perché mi ha aperto un sacco di opportunità e tante alternative. Mi ha permesso di girare il mondo, di vincere campionati italiani, di andare alle olimpiadi due volte. Insomma bisogna crederci, basta avere fiducia in se stessi».