Salute 3 Aprile 2020 11:56

Coronavirus, allo studio il “certificato di immunità” per tornare gradualmente al lavoro

Il progetto è curato dal team di Sergio Rosati, ordinario di malattie infettive del Dipartimento di scienze veterinarie dell’Università di Torino. Operatori sanitari i primi a poter beneficiare di questa possibilità

Coronavirus, allo studio il “certificato di immunità” per tornare gradualmente al lavoro

Come riaprire gradualmente l’Italia e le sue attività produttive senza il pericolo di una nuova ondata di contagi e ricadute di Coronavirus? La soluzione potrebbe essere un certificato di immunità al Covid-19 realizzato grazie ad un test del sangue che potrebbe rivelare chi è immune al virus e può riprendere la propria attività produttiva senza rischi per gli altri.

Secondo quanto riportato da Adnkronos Salute, è questo il progetto portato avanti da Sergio Rosati, ordinario di malattie infettive del Dipartimento di scienze veterinarie dell’Università di Torino, e dal suo team. Si stima, infatti, che a fronte di oltre 100mila casi accertati nel nostro Paese, circa un milione e mezzo di persone siano immuni al Covid-19 senza, ovviamente, esserne a conoscenza.

«Abbiamo già il test, ma prima di produrre il kit dobbiamo procedere alla sua validazione: abbiamo avviato la richiesta per usare il siero dei pazienti, ci siamo rivolti al Comitato etico del nostro ateneo e, in collaborazione con le Molinette, proporremo una sperimentazione unica a livello regionale per ricevere i sieri dei pazienti. A quel punto serviranno 7-10 giorni per avere le risposte».

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I primi a beneficiare di questa possibilità potrebbero essere gli operatori sanitari: «Come categoria – spiega ancora Rosati – sono i più esposti: sapere di aver sviluppato gli anticorpi a livelli tali da essere protetti, potrebbe aiutarli a lavorare adottando sempre tutte le precauzioni, ma con più tranquillità».

La ricerca è nata da una collaborazione con l’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia ed Emilia Romagna e il Dipartimento di Chimica dell’Università di Torino: «Siamo partiti un mese e mezzo fa con questa idea, vedendo ciò che era successo in Cina, ma all’inizio ci davano poco retta. Adesso tutti ne parlano». Per ora, dunque, si attendono i risultati dei test, ma per la produzione made in Italy è necessario attendere il supporto dell’Istituto zooprofilattico e della validazione dell’Istituto Superiore di Sanità.

Anche la Germania si sta muovendo in questo senso. Il progetto, curato dal Centro Helmholtz per la ricerca sulle malattie infettive di Braunschweig, si concentra sugli anticorpi che dovrebbero indicare il superamento della malattia da parte di soggetti che, di conseguenza, sarebbero in grado di riprendere l’attività lavorativa. I ricercatori stanno programmando test su blocchi di circa 100mila persone che hanno contratto il virus e che poi sono guarite.

 

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