Intervista al fondatore del gruppo “Coronavirus – Dati e analisi scientifiche”: «Il dato delle ospedalizzazioni è il più pulito e reale, ha iniziato a calare con la chiusura dei luoghi di lavoro»
Oltre 74mila ‘Mi piace’ e più di 85mila persone a seguirla, decine di post al giorno con informazioni, dati, analisi: la pagina Facebook “Coronavirus – Dati e analisi scientifiche” è ormai diventata un punto di riferimento per i tanti cittadini alla ricerca di informazioni utili sulla pandemia da Covid1-9. Un portale che mescola un taglio di approfondimento scientifico con una spiccata tensione alla divulgazione e all’informazione generalista, caratteristiche che l’hanno reso particolarmente fortunato, nonché interpellato costantemente anche da grandi nomi dei media. Giorgio Sestili, laureato in fisica alla Sapienza di Roma, ricercatore e divulgatore, ne è l’ideatore.
Dottor Sestili, ci sembra che l’attività della pagina proceda con un ritmo piuttosto sostenuto.
«Parrà retorico ma sinceramente questo successo io non me l’aspettavo. Ho aperto questa pagina tra il 7 e l’8 marzo, in una notte insonne, dopo aver visto molti fra i miei ex professori di fisica che avevano iniziato a proporre analisi sul Coronavirus, grafici, dati. Pensai che tutto questo materiale andasse organizzato e reso semplice. Ho aperto da solo questa pagina e da subito c’è stata una valanga di contatti, persone che mi hanno scritto proponendosi di collaborare; alcuni erano e sono amici e conoscenti, altri invece sinceramente non li ho ancora mai visti. Spero di poterli conoscere quando tutto questo sarà finito».
Gli ultimi dati paiono molto positivi, si può dire che abbiamo preso la via di questa uscita che tutti aspettiamo?
«Io sarei molto cauto. Ieri (14 aprile, ndr) sono stati fatti 26mila tamponi, ovvero 30mila in meno del normale. Stiamo leggendo in questi giorni dei dati che dipendono da un calo considerevole nella tamponatura, che mi sembra collegabile al periodo pasquale appena trascorso in cui si sono fatte molte meno analisi. Veniamo da giorni in cui c’è stato un decremento di 10mila tamponi al dì, ogni giorno; uniamo questo dato alla meccanica, ormai acclarata, che vede il risultato del tampone differire anche di 72 ore. Quello che la Protezione Civile comunica ogni giorno è insomma un mix di tamponi passati e del giorno stesso; inoltre le varie regioni hanno differenti velocità di analisi e di pubblicazione».
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Bisognerebbe dunque raffreddare gli entusiasmi o, al contrario, i dispiaceri conseguenti ai bollettini delle 18.
«Noi lo diciamo dall’inizio: i dati non sono una cosa semplice. Anzi, direi che annunciare i dati è molto semplice; interpretare i dati significa dare delle linee di tendenza, inserire i dati in un percorso storico e statistico, il che è molto più complesso».
Proprio per questo non chiediamo che ipotesi si possono fare sull’andamento futuro delle curve, piuttosto volevamo sapere quali sono stati i comportamenti dei grafici fino ad oggi. Cosa si può imparare dal passato?
«Se parliamo del numero totale dei contagi e dei decessi, possiamo dire che nella fase iniziale dell’epidemia c’è stata certamente una crescita esponenziale, in Italia come in tutti gli altri Paesi al mondo: è un fenomeno normale nei primi giorni di epidemia, una tendenza che poi viene rallentata dalle misure di contenimento. Questo pattern è osservabile più o meno per tutte le regioni italiane, al nord come nel centro-sud; successivamente le tendenze hanno cominciato a rallentare prima con le prime misure di lockdown nei comuni del nord, poi con il lockdown nazionale, poi un ulteriore rallentamento c’è stato con la chiusura del 22 marzo, che ha chiuso le attività lavorative non essenziali. Da lì registriamo un ulteriore rallentamento sia nei positivi che nelle ospedalizzazioni».
Quale è il dato più importante da osservare?
«Il dato dei ricoveri è un dato pulito, reale. Ad oggi noi non registriamo ancora una diminuzione del dato dei decessi e questo è parecchio strano. Questo numero rimane sempre costante, nella forchetta fra i 550 e 650. Noi pensiamo che anche sui decessi gli effetti della chiusura del 22 marzo si devono verificare, e dovrebbero arrivare entro questo weekend. Altrimenti c’è un problema».
C’è una correlazione positiva tra la chiusura dei luoghi di lavoro e l’andamento dei contagi?
«Sì. La chiusura del 22 marzo ha fatto scendere significativamente i contagi e le ospedalizzazioni. Fino alla fine di marzo il numero delle ospedalizzazioni continuava a crescere giorno dopo giorno, nelle ultime rilevazioni invece i posti letto si stanno liberando, sia per i pazienti con sintomi lievi che quelli in terapia intensiva. Questo è l’effetto certamente della chiusura dei luoghi di lavoro, prima del 22 marzo ancora troppe persone andavano a lavorare; il che è confermato anche dal famoso parametro R, che è il fattore di riproduzione. Le stime dicono che prima del 22 marzo R era al di sopra di uno, dopo il 22 marzo R è calato e nella maggior parte delle regioni oggi è intorno all’uno: è ancora alto, ma siamo scesi. Sono considerazioni che trovano conforto in un articolo scientifico già uscito, che analizza gli effetti del lockdown nella regione dello Yubei: anche lì lo stop totale è arrivato solo in un secondo momento».
Quale è stato il ruolo della comunità scientifica?
«Io penso che questa vicenda abbia rimesso al centro la scienza e la ricerca scientifica. Veniamo da anni di discussione sui vaccini e in cui si diceva che gli scienziati a favore dei vaccini erano al soldo delle multinazionali farmaceutiche, è bene ricordarlo: oggi mi piacerebbe parlare con chi si dice contro le vaccinazioni, credo che potremmo concordare invece su quanto ci sia bisogno dei vaccini e della comunità scientifica. Grazie alla scienza abbiamo trovato risorse e conoscenze fondamentali e grazie alla scienza abbiamo compreso molte cose. Allo stesso tempo c’è da dire che anche nella ricerca scientifica si è creato un certo rumore di fondo con fenomeni di rincorsa alla pubblicazione: dovrebbero essere stati pubblicati in poche settimane oltre 44mila paper scientifici. É molto difficile allora districarsi in questo contesto e bisogna stare molto attenti alle fonti: il Coronavirus è diventato un caso mediatico, tutti cercano notorietà e gli scienziati non necessariamente fanno eccezione. Bisogna evitare mitizzazioni e lavorare con la consueta accuratezza».
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