I risultati ottenuti suggeriscono che il dispositivo potrebbe aiutare a mappare le connessioni tra le diverse regioni del cervello e stabilire ciò che distingue lo sviluppo neurologico tipico, da quello atipico nelle prime fasi cruciali dell’infanzia, facendo così luce su condizioni di neurodiversità
“Chissà cosa starà pensando?”: è una delle domande più frequenti che ci si pone osservando una persona, soprattutto se assorta e silenziosa. Una domanda che, tuttavia, non potrà mai trovare una risposta se la persona osservata è un bambino che non ha ancora imparato a parlare. Almeno finora. Una cuffia hi-tech, infatti, può finalmente svelare cosa passa per la testa dei più piccoli: utilizzando onde luminose, del tutto innocue, questo marchingegno è in grado di misurare in tempo reale l’attività neuronale nella parte più esterna del loro cervello, mentre i bimbi giocano, imparano e interagiscono con gli altri.
La tecnologia, più comoda e meno costosa della tradizionale risonanza magnetica funzionale, è stata presentata sulla rivista Imaging Neuroscience dai ricercatori dell’University College di Londra e del Birkbeck College, che l’hanno già sperimentata con successo su 16 bambini. I risultati ottenuti suggeriscono che il dispositivo potrebbe aiutare a mappare le connessioni tra le diverse regioni del cervello e stabilire ciò che distingue lo sviluppo neurologico tipico, da quello atipico nelle prime fasi cruciali dell’infanzia, facendo così luce su condizioni di neurodiversità come l’autismo, la dislessia e il disturbo da deficit di attenzione/iperattività (Adhd).
Questa è la prima volta che un dispositivo indossabile permette di rilevare i diversi livelli di attività neuronale in una porzione così ampia del cervello dei bambini, “comprese quelle parti coinvolte nell’elaborazione di suoni, immagini ed emozioni”, spiega Emily Jones del Birkbeck College di Londra. La tecnologia sviluppata e testata in questo studio, basata sulla tomografia ottica diffusa ad alta densità (Hd-Dot), costituisce “un trampolino verso una migliore comprensione dei processi cerebrali alla base dello sviluppo sociale, che non siamo stati in grado di osservare prima al di fuori dei limiti molto restrittivi di uno scanner per la risonanza magnetica funzionale.
“In questo modo – continua l’esperta – dovremmo essere in grado di vedere cosa succede nel cervello dei bambini mentre giocano, imparano e interagiscono con altre persone in modo molto naturale”. Durante la sperimentazione su 16 bambini tra i cinque e i sette mesi di vita, i ricercatori hanno già scoperto un’attività inattesa nella corteccia prefrontale (un’area del cervello che elabora le emozioni) in risposta agli stimoli sociali: ciò sembrerebbe confermare che i bambini iniziano a elaborare cosa sta succedendo loro nelle situazioni sociali già all’età di cinque mesi.
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