L’endocrinologo: «La sindrome da insensibilità agli androgeni e il difetto di 5 alfa reduttasi sono le forme di intersessualità più diffuse. Ne esistono anche di più complesse come l’ermafroditismo. Tra le cure, trattamenti ormonali e correzioni chirurgiche da valutare caso per caso»
Soraya è stata regina di Persia, ripudiata dal marito si è dedicata alla carriera di attrice, recitando accanto ad Alberto Sordi. Hanne Gaaby Odiele, modella belga, ha sfilato sulle passerelle di importanti marchi internazionali come Chanel, Prada, Calvin Klein. Due donne bellissime e in carriera, accomunate non solo da fascino e celebrità: entrambe sono nate intersessuali.
Hanne Gaaby Odiele, venuta al mondo con testicoli interni ma senza utero né ovaie, ha raccontato la sua storia per la prima volta nel 2017, dichiarando di voler aiutare tutti i bambini come lei. La sindrome di Morris, detta anche sindrome da insensibilità agli androgeni o femminilizzazione testicolare, patologia da cui è affetta la modella belga, è inclusa nella lista delle malattie rare e colpisce circa un neonato su 13 mila. Più in generale, le persone che nascono con tratti intersessuali rappresentano dallo 0,5% all’1,7% della popolazione mondiale.
«È una delle forme di intersessualità più diffuse – spiega Marco Cappa, responsabile dell’Unità Operativa Complessa di Endocrinologia dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma -, conosciuta anche come “sindrome delle belle donne”. La sindrome da insensibilità agli androgeni è determinata da un diverso percorso nella differenziazione sessuale: persone con corredo cromosomico XY (a cui corrisponde un genotipo maschile) sviluppano caratteri sessuali femminili».
«È importante – continua l’endocrinologo – non confondere l’intersessualità, recentemente definita come differenziazione del disturbo sessuale, con la disforia di genere (chiamata anche disturbo dell’identità di genere, ndr): i transgender sono perfettamente normali sia da un punto di vista fisico che fenotipico, ma il sesso di nascita non coincide con l’identità di genere della persona».
La sindrome di Morris s’instaura già durante la vita intrauterina e può manifestarsi con gradi diversi di gravità, dai quali deriva una parziale o completa incapacità delle cellule maschili di rispondere agli androgeni (gli ormoni sessuali maschili). «Considerando che è proprio grazie agli androgeni che gli uomini possono maturare i propri caratteri sessuali primari e secondari, l’insensibilità a questi ormoni – commenta Cappa – può comportare un mancato, totale o parziale, sviluppo dei genitali esterni e delle caratteristiche maschili».
Tra le forme di intersessualità più diffuse c’è anche il deficit di steroido 5-alfa-reduttasi 2, una malattia rara autosomica recessiva che causa pseudoermafroditismo maschile (MPH), una condizione caratterizzata da differenziazione incompleta dei genitali maschili in pazienti 46,XY.
«Fino ad alcuni decenni fa – spiega lo specialista – c’erano solo pochi casi descritti in letteratura, ora stiamo assistendo ad un incremento del numero di diagnosi. Probabilmente scaturite da tecniche diagnostiche più accurate e moderne come la Next Generation Sequencing (NGS), che permette il sequenziamento di moltissimi frammenti di DNA in parallelo e non di uno soltanto».
Precedentemente la possibilità di effettuare una diagnosi neonatale del difetto di 5 alfa reduttasi era correlato al grado di femminilizzazione del soggetto. «Spesso – dice Cappa – le manifestazioni visibili sul corpo, come la crescita del clitoride, si manifestano in età puberale. La sindrome di Morris, invece, è di solito già visibile alla nascita: le bambine possono venire alla luce con due ernie inguinali che in realtà sono dei testicoli collocati in diversa posizione».
Il difetto di 5 alfa reduttasi è conosciuto anche nell’ambito della veterinaria: «Ci sono alcuni animali, come ad esempio le iene, che diventano maschi o femmine per necessità di sopravvivenza della specie – spiega l’endocrinologo -, in relazione alla carenza dell’uno o dell’altro sesso».
Nei pazienti affetti dal difetto di 5 alfa reduttasi o da insensibilità totale agli androgeni la cura va valutata dopo la pubertà, compresa la possibilità di correggere chirurgicamente il soggetto.
Oltre a queste due forme attraverso cui si può manifestare l’intersessualità, ne esistono altre meno diffuse e meno note. «L’ermafroditismo, ad esempio – spiega lo specialista -, è una condizione estremamente rara di intersessualità: in un ermafrodito sono presenti sia il testicolo che l’ovaio, oppure un organo composto da tessuto intermedio fra i due chiamato “ovotestis”».
Esistono delle condizioni in cui, grazie ad una correzione sia ormonale che chirurgica, al soggetto può essere “restituita” la fertilità. «Le persone affette da iperplasia congenita del surrene hanno un cariotipo femminile ed un eccesso di ormoni maschili in utero, prodotti soprattutto dal surrene – racconta Cappa -. Presentano un ingrossamento del clitoride e una mascolinizzazione esterna, ma se trattati adeguatamente da un punto di vista ormonale e corretti chirurgicamente, possono aspirare ad una gravidanza. Queste persone, infatti, sono dotate di ovaie e utero regolari. Nelle forme più complesse di intersessualità, invece, l’intervento medico può permettere ai soggetti che ne sono affetti di avere una normale vita sessuale, ma – conclude l’endocrinologo – non può in alcun modo offrirgli la possibilità di avere figli».
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