Lo studio ad opera del CEINGE – Biotecnologie Avanzate di Napoli: «Trovate cinque mutazioni che alterano la funzionalità di due geni»
Non solo età avanzata, sesso maschile e patologie pregresse. Al novero delle cause predisponenti allo sviluppo della forma grave di Covid-19 si aggiunge anche quella di matrice genetica. Già un anno fa, all’inizio della pandemia, i ricercatori del CEINGE-Biotecnologie avanzate di Napoli avevano ipotizzato che i fattori genetici potessero contribuire allo sviluppo di una forma di Covid-19 più aggressiva.
Oggi lo stesso team di studiosi, guidato da Mario Capasso e Achille Iolascon, professori di Genetica Medica dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e Principal Investigator del CEINGE, ha validato quell’ipotesi, grazie ad uno studio genetico pubblicato sulla rivista internazionale iScience (Cell Press), dai risultati estremamente significativi.
Sono stati esaminati, infatti, i dati genetici di più di 7mila soggetti positivi che avevano sviluppato una forma grave di malattia e che erano sottoposti a cure ospedaliere, e di circa 1 milione di soggetti sani. In particolare, i ricercatori hanno eseguito un’analisi approfondita del cromosoma 21, che ha svelato il ruolo determinante di 5 varianti genetiche nell’alterare le funzioni dei geni TMPRSS2 e MX1 e nel predisporre i soggetti a manifestare sintomi gravi del Covid-19.
I risultati sono stati raggiunti grazie al prezioso contributo di Immacolata Andolfo (biologa ricercatrice del CEINGE) e Roberta Russo (biologa ricercatrice di Genetica Medica dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e CEINGE) e grazie alla collaborazione internazionale con il consorzio “COVID-19 Host Genetics Initiative” e 143 centri di ricerca internazionali ad esso afferenti, che ha reso possibile l’acquisizione dei dati genetici di soggetti provenienti da diversi paesi europei e di diversa età e sesso.
«Le nostre ricerche – spiega ai nostri microfoni Mario Capasso – ci hanno portato ad identificare cinque diverse mutazioni nell’ambito di due geni. Uno di questi è quello da cui dipende la capacità del virus di penetrare all’interno della cellula, dall’altro invece dipendono le reazioni immunitarie in grado di combattere il virus. Fermo restando che lo sviluppo della forma grave di Covid resta multifattoriale – precisa Capasso – questo studio getta le basi per mettere a punto nuovi test genetici che permetteranno di predire quali sono i soggetti ad alto rischio di sviluppare manifestazioni cliniche gravi del Covid-19».
«Inoltre – sottolinea Achille Iolascon – i due geni (TMPRSS2 e MX1) trovati più frequentemente mutati nel gruppo dei pazienti gravi, potrebbero essere potenziali bersagli terapeutici». E non è tutto. «Un punto di forza di questo studio – continua Capasso – sta nel fatto che abbiamo utilizzato tecniche computazionali create ad hoc per studiare una così grande mole di dati genomici».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato