Che differenza c’è tra studio osservazionale e studio clinico controllato e randomizzato? Qual è il più affidabile? Di cosa si occupano, esattamente, virologi, infettivologi e immunologi? Giovanni De Gaetano, Presidente dell’IRCCS Istituto Mediterraneo Neuromed ci aiuta a capirne un po’ di più
Da almeno dieci mesi gran parte della stampa italiana scrive quotidianamente di sanità e virologia, di immunologia ed epidemiologia, di virus morto e di scienziati che poi non sono ciò che da sempre affermano di essere. Capita a volte che la stampa attribuisca a tutti, in modo improprio, il ruolo di virologo. Come districarsi in questa mole di notizie per comprendere dove siano le informazioni più affidabili? Per avere una bussola che permetta a tutti di padroneggiare almeno i concetti base, Sanità Informazione ha intervistato Giovanni De Gaetano, Presidente dell’IRCCS (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) Istituto Mediterraneo Neuromed, che in questi mesi ha pubblicato diversi studi scientifici e meta-analisi sul Covid-19 di rilievo internazionale, ripresi dagli Stati Uniti alla Cina.
«Per valutare l’efficacia dei farmaci, tra i quali i vaccini, lo standard riconosciuto unanimemente dalla comunità scientifica internazionale è il randomized clinical trial (RCT, lo studio clinico controllato e randomizzato). Controllato vuol dire che si formano due gruppi di pazienti (o anche di soggetti sani, ad esempio per studiare un vaccino nuovo), uno che riceverà il farmaco in esame, l’altro, il controllo, che riceverà lo stesso trattamento, tranne il farmaco (normalmente si somministra qualcosa che appaia come il farmaco ma non lo contenga, detto placebo). I due gruppi devono essere di una numerosità paragonabile e sufficientemente ampia da permettere affidabili analisi statistiche dei risultati. In genere tale numerosità giunge a diverse migliaia di soggetti per gruppo. Randomizzato significa che ogni soggetto/paziente viene inserito nel gruppo trattato con il farmaco o il vaccino in esame oppure nel gruppo di controllo; tale attribuzione avviene per caso, in modo che tutte le possibili variabili si distribuiscano casualmente (e quindi in modo pressoché uguale) nei due gruppi. Il random garantisce anche che, magari inconsciamente, lo sperimentatore inserisca nell’uno o nell’altro gruppo pazienti più o meno gravi o con caratteristiche favorevoli o sfavorevoli, che potrebbero alterare artificialmente la valutazione di efficacia. In una piramide ideale, lo studio clinico randomizzato è situato al top della validità scientifica degli studi sull’uomo. Tuttavia, questo tipo di studio non è esente da limiti».
«Nella piramide ideale della validità, ai RCT seguono subito dopo gli studi cosiddetti osservazionali: si tratta di indagini, generalmente di carattere epidemiologico, che fotografano una situazione esistente o ne osservano l’evoluzione in real life, nella realtà quotidiana: ad esempio, il farmaco non viene assegnato a random, ma secondo il criterio e la scelta del clinico che ha in gestione la cura del paziente; si formano sì, spontaneamente, un gruppo trattato e uno di controllo, che possono però risultare di numerosità diversa, con prevalenza diversa di uomini e donne, giovani e anziani e così via. Gli statistici hanno elaborato opportune tecniche per ovviare o comunque mitigare notevolmente le eventuali differenze tra gruppi, limitando la possibile influenza dei cosiddetti fattori confondenti (come le differenze tra i due gruppi nel numero di pazienti diabetici o ipertesi, nelle condizioni socio-economiche, nella prevalenza dei fumatori, ecc). Malgrado la robustezza della statistica, i risultati degli studi osservazionali non vengono considerati sufficienti per l’approvazione di un nuovo farmaco o vaccino oppure per l‘uso nuovo di un farmaco già in commercio».
«Essenzialmente perché il gruppo trattato (con un farmaco, un vaccino) e il gruppo di controllo sono formati casualmente: ciò garantisce che i due gruppi siano simili e paragonabili, differendo soltanto per il trattamento. Negli studi osservazionali, invece, si “osserva” quello che succede nella vita reale, ad esempio un trattamento farmacologico viene assegnato a questo o qual paziente non a caso, ma per considerazioni cliniche prevalenti. In questo caso, il paragone tra i gruppi è ovviamente più difficile, se non impossibile, ma la situazione è meno artificiale che in un RCT. Lo studio osservazionale dovrebbe fornire indicazioni per un successivo RCT».
«In una fase pandemica o comunque di emergenza, sceglierei gli studi osservazionali e cercherei di prendere informazioni da questi per iniziare un RCT, che potrebbe dare col tempo una risposta più solida».
«Può dipendere dalla diversa selezione dei pazienti inseriti nello studio, dal Paese dove si svolge il trial e da fattori genetici ivi prevalenti, dalla dose o le modalità di somministrazione del farmaco e da molte altre variabili. Per questo uno o due trial non sono mai sufficienti per avere una risposta esauriente al problema clinico di partenza».
«E’ un’analisi statistica: è come valutare se la frutta in un mercato è buona analizzando le singole ceste di frutta e mettendo insieme i risultati di mele, pere, arance e così via. La meta-analisi dà una valutazione globale della situazione, migliore dell’analisi della singola cesta di frutta».
«Dipende dalle “ceste di frutta” che si inseriscono nell’analisi. I criteri di scelta possono variare da una metanalisi all’altra. Anche per le meta-analisi, come per i RCT, una rondine non fa primavera…».
«Si analizzano i dati “rotolanti” man mano che si acquisiscono. È come prevedere il risultato finale di una partita di calcio dai gol man mano segnati: se una squadra vince 4 a 0 a metà del secondo tempo, è praticamente certo che vincerà, senza che aspettiamo la fine ufficiale della partita. Resta comunque sempre un margine di incertezza, pur se minimo».
«Il virologo è uno studioso di virus e delle malattie da essi indotte e può non trattate direttamente con i pazienti quindi non essere un clinico; l’infettivologo invece è un medico internista, un clinico puro che sta con i pazienti e che si occupa di malattie infettive di ogni origine».
«Il microbiologo studia i microbi, compresi i virus e i loro effetti sull’uomo. Crisanti è microbiologo, generalmente molto critico ed equilibrato; l’epidemiologo studia invece la salute e le malattie (non necessariamente infettive) a livello di popolazione e delle dinamiche di diffusione in essa».
«Sono tutti tre medici ricercatori con i quali ho lavorato per molti anni presso il Negri a Milano. Mantovani e Remuzzi li ho conosciuti da studenti. Mantovani è il ricercatore italiano con il più alto indice di citazioni (H index), Remuzzi lo segue a ruota. Il primo si occupa delle reazioni immunologiche (per es., produzione di anticorpi dopo un vaccino, ma anche a stimoli dell’organismo non infettivi), il secondo è uno dei più noti nefrologi al mondo (l’insufficienza renale è uno dei maggiori fattori di rischio di morte nei pazienti Covid-19, secondo lo studio CORIST) e attualmente dirige il Negri, essendo succeduto a Garattini, che non ha bisogno di definizioni (ma potrebbe essere chiamato “il farmacologo”) e studia i meccanismi alla base degli effetti dei farmaci».
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